Abruzzo: acquedotto pugliese, torna il progetto bloccato nel 2003

Torna a far discutere il progetto di captazione delle acque dall’Abruzzo alla Puglia, bloccato nel 2003. Acerbo (Prc) e il Forum H2O: “Follia! Pensassero a riparare le reti idriche”.

“Rifondazione Comunista si associa alla protesta del Forum abruzzese dei movimenti per l’acqua contro la riproposizione del progetto di captazione delle acque dall’Abruzzo alla Puglia”, ha dichiarato Maurizio Acerbo, segretario nazionale del Partito di Rifondazione Comunista – Sinistra Europea. “Si trattava e si tratta di una follia che però costituirebbe un gigantesco affare per chi mettesse le mani sul mega-appalto. Il progetto dell’acquedotto Pugliese che bloccammo nel 2003 era sponsorizzato dalla destra. L’attuale presidente dell’acquedotto è un ex-Forza Italia nominato da Michele Emiliano con il consueto trasformismo che caratterizza la politica italiana. Pensassero a riparare le reti idriche. Ci opponemmo allora e ci opponiamo oggi”.

Sulla stessa linea il Forum H2O che denuncia il progetto.

“L’Acquedotto Pugliese mette nel mirino le acque del fiume e delle sorgenti del Pescara e dell’Aterno in Abruzzo in un mega-progetto miliardario di trasferimento interregionale delle sue acque verso la Puglia”, denuncia il Forum abruzzese dei movimenti per l’acqua.”Il presidente della società, in occasione dell’approvazione del bilancio 2019, ha usato parole inequivocabili in un’intervista rilasciata al quotidiano Il Sole 24 Ore. Il fiume Pescara ogni secondo getta in mare dai 30 ai 40 metri cubi di acqua, dice nell’intervista Simeone di Cagno Abbrescia, presidente dell’Acquedotto Pugliese. Ecco, fa specie che il presidente del più grande acquedotto del sud sembri ritenere che i cicli naturali siano da considerarsi alla stregua di uno ‘spreco’. Caro Presidente, le consigliamo un ripasso dei principi basilari dell’ecologia e dell’idrogeologia per capire che un fiume fa semplicemente il suo lavoro, utile anche per la comunità, portando le sue acque in mare. Si pensi al trasporto dei sedimenti (che poi costruiscono le spiagge dove si fa turismo) oppure alla riproduzione dei pesci, che alimentano l’economia ittica.
Addirittura ci si spinge ad immaginare di captare le acque delle sorgenti dell’Aterno vicino L’Aquila o quelle del Pescara a Popoli. Tra l’altro quest’attenzione rispetto alla più grande sorgente del centro Italia dovrebbe far riflettere sulla scelta miope della Regione Abruzzo, che evidentemente pensa di gestire le sue risorse idriche come se fossero infinite, di autorizzare fino al 2042 una megacava a poche centinaia di metri a monte delle sorgenti, proprio nell’area di ricarica della falda. Almeno su questo la grande società pugliese ha ragione, trattando queste sorgenti come beni strategici di carattere nazionale e non come il cortile di un comune.
Si tratta di un deja-vù, la riproposizione del progetto miliardario (oltre 1 miliardo di euro) inserito nell’allora legge obiettivo che contrastammo con successo nel 2003, dopo la “scoperta” di una strana delibera dell’allora Giunta regionale che vedeva coinvolti anche personaggi legati ad una multinazionale statunitense, la Black and Veatch, e la costituzione di una società proprio per gestire l’affare. Ci fu una vera e propria sollevazione popolare, con una riunione convocata in un cinema a L’Aquila in cui, davanti a centinaia di persone, l’allora dirigente Caputi della Regione Abruzzo fece marcia indietro dichiarando improcedibile il progetto. Ci chiediamo: ci sono rapporti in essere sull’argomento tra regione Abruzzo e acquedotto pugliese? I parlamentari abruzzesi ne sanno qualcosa? Non è il caso di strutturare una risposta strategica che tenga conto dell’effetto dei cambiamenti climatici che non sia solo quella di fare cave sulle principali risorse idriche o captare a nostra volta fiumi e sorgenti come la stessa regione vuole fare nella Marsica oppure captare le acque in montagna per fare innevamento artificiale?
All’acquedotto pugliese: non è il caso di puntare su efficienza (l’Italia già oggi consuma più acqua pro-capite di tantissimi altri paesi europei), tecnologie e riparazioni delle reti colabrodo (la perdita in Italia è del 47,9% secondo i dati Istat)? I fiumi abruzzesi sono già sotto stress. Non sono le grandi opere impattanti la soluzione. Per risolvere le crisi idriche servono migliaia di interventi capillari su depuratori, reti idriche, impianti di distribuzione con il coinvolgimento dell’intera comunità”, conclude la nota.