Juan Carrito: mentre l’Abruzzo lo piange, al Tg8 il suo ultimo giaciglio. Le sue ultime notti in una legnaia

Come in vita anche da morto l’orso più cliccato del web, simbolo del nostro Abruzzo, continua a far parlare tra ricordi, dolore, sdegno e riflessioni. In “onore” di Juan Carrito sui social è un fiume di foto, video, testimonianze e lacrime: al Tg8 l’ultimo giaciglio che un allevatore di Castel di Sangro mostra alle nostre telecamere raccontandoci di quanto quell’orso così unico fosse ormai di casa tra la gente d’Abruzzo

L’allevatore ci mostra anche gli animali che erano custoditi nella stalla, uccisi da Carrito, e il suo tentativo di entrare nella parte recintata dove avrebbe trovato le pecore ma un cancello in ferro gli ha impedito di arrivarci. Mentre ci indica la legna lasciata in disordine dal passaggio notturno di Carrito, l’allevatore, anche lui commosso, si dice dispiaciuto per la disgrazia certo che Juan Carrito non avrebbe mai fatto del male alle persone. 

” Intorno alle 8 di ieri l’ho visto uscire dalla masseria, scavalcare il recinto e andarsene giù nella neve”: ci mostra la via di fuga, l’ultima, di Carrito

 

Juan Carrito è morto investito lungo la Ss17 nei pressi del cimitero di Castel di Sangro. Inutili i disperati tentativi di salvarlo: i soccorsi del Parco, dopo averlo stabilizzato, volevano trasportarlo nel centro Pnalm di Pescasseroli.

La notizia che mai avremmo voluto scrivere: un dolore per tutti gli abruzzesi, e non solo, che per un’ora, appena si è diffusa la notizia del suo investimento, hanno tifato perché si salvasse. Juan Carrito ci ha abituati a scene da cartoni animati: negli anni lo abbiamo visto fare tutto tranne la vita da orso! Mai in letargo, come anche ieri, sempre tra la gente: per Carrito sempre molti like da vera star del web e tanto affetto specie dalle comunità abruzzesi che negli anni avevano imparato a convivere col suo muso sempre in giro.

Juan Carrito, simbolo dell’Abruzzo, è stato trasferito nell’Istituto Zooprofilattico di Isernia per l’autopsia. Juan Carrito era uno dei quattro figli di Amarena: il più intraprendente, il più buffo, il più impavido. Spesso, alla sera, arrivava in paese prima a Villalago e poi a Roccaraso e faceva scorribande, arrampicandosi sugli alberi e correndo per strada in contromano. Per evitare le sue incursioni era stato necessario allontanarlo, far sì che tornasse sulle montagne del Parco, senza stare là dove invece vivono gli uomini. Lui, un orso oggi di 150 chili, aveva preso troppa confidenza: per lui era più semplice trovare il cibo nei pollai, nei cassonetti e nelle pasticcerie, piuttosto che procurarselo tra i boschi come tutti gli altri orsi. Ma Juan Carrito doveva tornare a fare l’orso e, dopo varie battute delle guardie del Parco impegnate a trovarlo sulle montagne di Roccaraso e 394 turni di controllo, fu catturato e portato nei boschi della Maiella che non conosceva, tra i suoi simili. Intorno al collo, così da non perderne le tracce ed essere sicuri di rintracciarlo, aveva un collare con un Gps. L’ultimo avvistamento risale alla giornata di domenica sui campi da sci dell’Aremogna. Poi lo schianto fatale. Una sconfitta per tutti.

“Juan Carrito era un orso problematico ma al Parco abbiamo fatto di tutto, contro tutto e tutti, per dargli una chance e farlo rimanere libero. Ora ci ha lasciato… Stasera siamo tutti un pò più poveri perchè se ne è andato uno di famiglia”, hanno dichiarato il Presidente del Parco, Giovanni Cannata, e il Direttore del Parco, Luciano Sammarone.  Una luce di umanità, che brilla in Abruzzo, dove gli orsi vengono amati e rispettati. Onore all’Abruzzo!”.

“Suonano ora un po’ false le dichiarazioni di quei rappresentanti delle Istituzioni che oggi piangono la morte di Juan Carrito, ma che fino a ieri hanno agito per tagliare aree naturali protette o per continuare a pianificare interventi invasivi nell’areale dell’orso – concludono gli ambientalisti -. È veramente arrivato il momento di ipotizzare e realizzare per l’Appennino centrale uno sviluppo sostenibile attraverso la conservazione della sua straordinaria biodiversità”. Lo afferma in una nota il Wwf Italia all’indomani dell’incidente in cui è stato investito e ucciso l’orso più famoso e amato d’Abruzzo, sottolineando che le associazioni ambientaliste e animaliste e le aree protette, investono ingenti risorse economiche e umane, in interventi finalizzati a migliorare la coesistenza tra uomo e orso, a mitigare l’impatto delle nostre attività sulla sopravvivenza del plantigrado, per garantire un futuro a questa popolazione. “La storia di Juan Carrito ha molto da insegnarci” .

 

Ha fatto il giro del mondo la sua foto alla stazione di Roccaraso, una delle tante volte in cui è stato immortalato a passeggio lungo i binari: era il 3 marzo del 2022 e questa foto che vi riproponiamo scatenò davvero affetto e simpatia.

E poi ancora appena il 21 dicembre scorso ancora lui, il mitico Carrito, a cercar cibo a due passi dal ristorante stellato dello chef Niko Romito.  Anche in questo caso, data la fama di Romito, fece il giro d’Italia  il post che lo chef abruzzese ha dedicato a Juan Carrito su Instagram, entusiasta e “onorato” per la visita del giovane orso.

Oppure ancora a giocare, come il cucciolo che forse era rimasto, con un cane a pochi passi dalla padrona. Anche questa foto scatenò il web. 

 

JUAN CARRITO POTEVA ESSERE SALVATO? 

“Abbiamo detto in mille modi che la natura non conosce confini. La perdita di Juan Carrito, che è un fatto grave, è un esempio lampante. Il tema della sicurezza stradale e degli attraversamenti in aree dove vi è un’alta presenza di grandi mammiferi è ben noto. Il parco ha fatto numerosi interventi nel suo territorio, ma il problema resta il coordinamento dei vari enti quando si esce fuori dal perimetro di un’area protetta. Lo scrive in un comunicato il presidente di Federparchi, Giampiero Sammuri :”Vale per la sicurezza degli uomini e degli animali – ha aggiunto Sammuri -; vale per l’insieme delle azioni finalizzate alla tutela della biodiversità e degli ecosistemi, di cui l’Italia dispone il patrimonio più ricco d’Europa”.

“Non di sola conservazione ci si deve occupare nella gestione degli orsi, ma anche di strade, di rifiuti, e di comportamenti umani, e per mantenere la popolazione di orso bruno marsicano in una condizione
favorevole, bisogna partire dalle persone, che con i propri comportamenti incidono sul futuro libero o in cattività della fauna selvatica. È poi fondamentale accelerare sulla messa in sicurezza delle infrastrutture, a partire della strada, con interventi di road ecology”. Lo dichiara in un comunicato Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente. ” Poteva essere catturato e confinato a vita in una gabbia, ma si è opportunamente deciso di farlo vivere da animale selvatico, valutando i rischi che i suoi comportamenti confidenti poteva comportare”

“Juan Carrito è il simbolo di un fallimento. Siamo davvero sconvolti per la tragica scomparsa dell’orso Juan Carrito – scrive l’Enpa -, che era diventato il simbolo del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, e con esso della natura e della biodiversità. Esprimiamo al Pnalm e alla popolazione abruzzese il nostro profondo cordoglio per una perdita, per un vuoto che difficilmente potrà essere colmato”.

“Che vergogna quei video: perchè è stata mostrata impietosamente l’agonia di Juan Carrito?”. E’ lo sdegno del direttore del Parco Nazionale d’Abruzzo Luciano Sammarone che si scaglia contro quella che la “mancanza di rispetto per un essere vivente”.  “Purtroppo  una fatalità, è passato a 20 metri da un sottopasso. Ma serve una riflessione sull’uso della rete, riguarda i vip come gli animali. Lo hanno visto soffrire, c’è chi dice che piangeva…”, chiude Sammarone. Una amara riflessione che ben comprendiamo avendo deciso pur essendone venuti in possesso pochi istanti dopo l’investimento di non pubblicare i filmati in questione dove la sofferenza di Carrito era troppo evidente e umanamente dolorosa per esser messa on line. Una scelta la nostra, come in altri casi simili, che racconta di etica e rispetto.