L’Aquila: un arresto, a Napoli, ai danni della mafia nigeriana.

I carabinieri del Nucleo radiomobile di Napoli hanno arrestato Godspower Ighoyiwi, 38enne di origini nigeriane ma residente a Qualiano (Napoli), in esecuzione di un provvedimento emesso dal gip del tribunale dell’Aquila. L’uomo è ritenuto gravemente indiziato di associazione mafiosa, frode informatica e di appartenere all’organizzazione criminale nigeriana nota come “Black Axe”.

La Black Axe (conosciuta anche come Neo-Black Movement of Africa o NBM) è un culto segreto studentesco nigeriano dedito al traffico internazionale di stupefacenti, riciclaggio e
frode informatica. Il loro simbolo è un’ascia nera che simboleggia il mezzo col quale “spezzeranno le catene dell’oppressione, dell’ingiustizia sociale e degli altri mali che hanno ostacolato il progresso delle persone di colore nel mondo”.

Il 38enne è stato controllato in Via Stefano delle Chiaie, nel quartiere San Carlo Arena, mentre era in auto con un connazionale. E’ stato rinchiuso nel carcere di Secondigliano.

Il 26 aprile scorso 30 arresti sempre ai danni della mafia nigeriana: una maxi operazione della squadra mobile e dalla sezione di polizia giudiziaria di L’Aquila insieme al Servizio centrale operativo, con la collaborazione delle Squadra mobili di Roma, Rieti, Bari, Caserta, Napoli, Reggio Emilia, Parma, Modena, Catania, Genova, Messina, Potenza e Terni. Tutti gli indagati sono risultati appartenenti all’organizzazione “Black Axe”, che ha i suoi vertici in Nigeria, e di cui il gruppo criminale costituiva l’articolazione italiana: tutti cittadini nigeriani, compreso il leader del “ramo” italiano, un 35enne che impartiva le direttive da L’Aquila, dove risiedeva.

Gli investigatori hanno ricostruito l’intera struttura gerarchica dell’organizzazione mafiosa, individuandone i vertici nazionali e i componenti delle articolazioni periferiche presenti in diverse città italiane. Il gruppo criminale era caratterizzato da aggressività e violenza, con rigide regole di condotta che ne disciplinavano l’accesso e dalle quali derivavano precisi obblighi per gli appartenenti, la cui osservanza era finalizzata al rafforzamento del vincolo associativo. I provvedimenti del Giudice per le indagini preliminari del tribunale di L’Aquila sono stati emessi grazie agli elementi acquisiti dagli investigatori, analizzando le numerose conversazioni telefoniche, ambientali e telematiche, le comunicazioni sui social e sulla posta elettronica; di fondamentale importanza è stato anche analizzare i conti correnti e tracciare i flussi di denaro e delle cripto valute, senza dimenticare i tradizionali servizi di osservazione e pedinamento effettuati su tutto il territorio nazionale.

La maggior parte dei reati perseguiti dagli appartenenti all’associazione mafiosa venivano commessi utilizzando la Rete; tra le numerose truffe informatiche, particolare rilievo aveva quella che partiva dall’acquisto di bitcoin con i quali gli indagati si procuravano, sul mercato nero del dark web, i numeri delle carte di credito clonate con le quali venivano effettuati acquisti online.

Durante l’attività investigativa, in particolare nella fase degli accertamenti patrimoniali, si è rivelata molto importante la collaborazione dell’Unità informativa finanziaria della Banca d’Italia e dell’Ufficio antiriciclaggio di Poste Italiane, soprattutto perché i guadagni frutto dei reati venivano reinvestiti in un reticolo di transazioni finanziarie che rendevano difficile la tracciabilità del denaro.