La Confesercenti lancia l’allarme sull’altra faccia del Salva Casa. La deregulation darebbe la possibilità agli ex nuclei industriali di diventare parchi commerciali
Dai dati diffusi oggi dalla Confesercenti Abruzzo emerge che, nel 2024, sono stati chiusi 3,2 negozi al giorno e, entro il 2035, le nuove attività saranno azzerate. Nel 2025 segno “meno” anche per i centri commerciali.
L’allarme arriva dalla Confesercenti abruzzese, che dopo aver chiesto al Consiglio regionale di fermare l’ennesimo tentativo di spalancare le porte degli ex nuclei industriali alla possibilità di diventare nuovi parchi commerciali, ora denuncia le conseguenze di questo atto.
Bene lo stop alla grande distribuzione fino al 2030, ma la deregulation dei nuclei industriali e la loro trasformazione in nuovi centri commerciali, benché di medie dimensioni, secondo Confesercenti Abruzzo rischia di fare male a tutto il commercio.
«Il Consiglio regionale ha modificato alcuni tentativi di andare oltre e di questo ringraziamo i consiglieri, in particolare quelli di opposizione che hanno proposto le modifiche. Ma siamo preoccupati. La crisi delle attività di prossimità in Abruzzo è fra le più acute d’Italia — evidenziano il presidente regionale di Confesercenti Daniele Erasmi assieme ai presidenti territoriali Nino Bertoni (Teramo), Marina Dolci (Pescara), Franco Menna (Chieti), Mario Antonelli (L’Aquila) e Filiberto Figliolini (Avezzano) — tra spopolamento, invecchiamento e desertificazione, nel quinquennio 2019-2024, in Abruzzo sono scomparse 3.092 imprese, pari a un calo dell’11,2%, un dato peggiore della media nazionale (-10,1%). Hanno chiuso 3,2 negozi ogni giorno: con questo ritmo, entro 10 anni saranno state azzerate le aperture di nuovi negozi».
A chiudere non sono solo le imprese i cui titolari vanno in pensione senza ricambio: rispetto al 2019 se il numero generale delle imprese ha registrato -4,1%, le imprese giovanili sono precipitate del -29,3%, contro una media nazionale del -22,9%. A partire dal 2019, entro i primi 5 anni di vita ha chiuso il 28,7% dei nuovi negozi, il 22,1% delle nuove attività di alloggio, addirittura il 41,9% delle nuove aperture legate al settore ristorazione. Una crisi profonda e sistemica che però non interessa più solo il commercio al dettaglio, ma anche i centri commerciali.
È infatti di pochi giorni fa il report dell’osservatorio del Consiglio nazionale dei Centri Commerciali (Ccnc-Ey) che rileva come nei centri commerciali italiani i fatturati del mese di aprile 2025 abbiano registrato una flessione rispetto allo stesso periodo del 2024, portando il bilancio progressivo dei primi quattro mesi dell’anno a un calo complessivo del -2,3%: performance particolarmente negative di elettronica, abbigliamento, beni per la casa, ristorazione, cultura, tempo libero e regali.
«Dunque il commercio abruzzese è in profonda crisi — sottolineano Erasmi e i vertici locali di Confesercenti — e non si capisce quale richiesta di mercato debba spingere la Regione Abruzzo a facilitare l’apertura di nuovi centri commerciali nelle ex aree industriali alle porte delle principali città abruzzesi, mettendo ulteriormente in crisi non soltanto la piccola impresa commerciale, ma anche la stessa grande distribuzione che soffre e inizia a razionalizzare i posti di lavoro».
Il direttore di Confesercenti Abruzzo, Lido Legnini, aggiunge:
«Abbiamo sventato più volte questo tentativo e ora siamo molto più preoccupati del passato. Non solo per la tenuta economica e sociale delle nostre città e dei nostri centri storici, in quanto le aree oggetto di questa deregulation sono le più prossime alle zone abitate, e dunque potenzialmente più “pericolose” in termini commerciali rispetto agli attuali centri commerciali. Ma anche perché di fronte alla crisi strutturale del commercio che ormai coinvolge anche la grande distribuzione, la deregulation rischia anche di attirare capitali di dubbia provenienza, in una regione sempre più di frontiera. Anche perché i capannoni industriali si prestano particolarmente ai “temporary shop”, che poi potrebbero diventare ghiotte occasioni di speculazioni anche per operazioni finanziarie di dubbia provenienza. Ecco perché ci appelliamo ai Comuni ed agli stessi consiglieri regionali affinché questa deregulation venga immediatamente archiviata».
