Coronavirus Abruzzo, allarme per le cozze invendute

La Fedagripesca lancia l’allarme cozze, invendute a causa dell’emergenza Coronavirus che, anche in Abruzzo, costringe alla chiusura i ristoranti.

Grazie al caldo di questo periodo, le cozze stanno già raggiungendo la taglia commerciale, ma le vendite stentano a ripartire anche a causa della chiusura dei ristoranti. Gli allevamenti di cozze lanciano l’allarme dovuto al prolungarsi dell’emergenza sanitaria causata dal Covid-19. I timori riguardano diverse regioni italiane, Abruzzo compreso. Il rallentamento dei consumi coinvolge diversi prodotti ittici di stagione, dalle acciughe pescate con le lampare alle seppie catturate con le nasse. La Fedagripesca-Confcooperative spiega che a soffrire sono le produzioni stagionali tipiche del periodo primaverile.

“Siamo molto preoccupati per i nostri allevamenti – ha spiegato all’Ansa un giovane mitilicoltore – perché il caldo di questo periodo ha accelerato la crescita e se i consumi non ripartono a breve, intere produzioni andranno perse. Le cozze si raccolgono entro l’estate, se non si fa entro i tempi giusti il mitile si stacca dai travi degli impianti e si perde definitivamente”.

Un settore forte, quello della mitilicoltura: l’Italia produce oltre 63 mila tonnellate di cozze all’anno, coprendo i due terzi della produzione comunitaria. Ma i tempi sono duri anche per le seppie pescate con le nasse lungo l’Adriatico: dal Friuli alla Puglia solo pochi pescatori iniziano a calare le particolari reti artigianali utilizzate per la cattura, che termina alla fine di maggio. In Emilia Romagna, Marche e Abruzzo è anche il tempo della pesca dei lumachini (da noi meglio noti come “bummaletti”), molto valorizzati dalla gastronomia locale. Con i ristoranti chiusi però gli appassionati rischiano di mancare questo gustoso appuntamento stagionale.

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