SLC CGIL, troppi rischi Covid per i lavoratori delle Poste

La SLC CGIL Abruzzo, analizzando i dati forniti da Poste Italiane sui contagi Covid in azienda, elenca quelle che definisce falle del sistema di prevenzione.

La SLC  Cgil rileva che il virus è sempre più presente anche nell’ambito lavorativo postale: i contagi, a livello nazionale, da agosto a novembre sono passati da poche decine a migliaia di unità.

“Poste Italiane – si legge nella nota sindacale – dichiara di agire in piena conformità alle disposizioni vigenti, ai protocolli di sicurezza e ai documenti di valutazione del rischio per prevenire e contrastare la diffusione del virus. In realtà, ciò che riscontriamo nel territorio regionale ci ha imposto una riflessione sull’efficacia delle iniziative e della metodologia di prevenzione e contrasto attuata da Poste Italiane.

Di seguito elenchiamo quelle che alla SLC CGIL appaiono come falle evidenti dell’agire di Poste Italiane in merito al Covid 19.

Il Protocollo d’Intesa del 14 marzo 2020 dispone che l’articolazione del lavoro potrà essere ridefinita con orari differenziati che favoriscano il distanziamento sociale riducendo il numero di presenze in contemporanea nel luogo di lavoro e prevenendo assembramenti. Questo significa: ingressi scaglionati dei lavoratori per eliminare i rischi di contatto stretto; durante il primo Lock Down, quando il contagio divideva in due il paese perché la diffusione era prevalente nel nord Italia, questa organizzazione del lavoro era applicata ovunque.

Oggi il Covid 19 di diffonde in maniera omogenea su tutto il territorio nazionale e Poste Italiane ha già da tempo ripristinato gli orari di ingresso e i turni negli uffici di recapito come se la pandemia fosse un mero ricordo. Inoltre la nostra richiesta di ripristinare la consegna in cassetta degli effetti a firma, prassi più rispondente all’obbiettivo di prevenzione del rischio, a tutt’oggi non è stata presa in considerazione. Quanto detto, a nostro parere, cela una sottovalutazione del fenomeno da parte di Poste Italiane, fotografa una dicotomia di intervento assolutamente non giustificata dai dati sopra riportati.

Citiamo ad esempio il caso del centro di Recapito di L’Aquila, dove un numero significativo di lavoratori si è ammalato di Covid 19, percentualmente così preoccupante da non poter essere unicamente ascrivibile alla grave situazione che attiene a quella provincia, ma almeno in parte riconducibile a punti deboli delle azioni preventive e di contrasto del contagio”.

Il Coordinamento Regionale SLC CGIL evidenzia anche che:

“Lo stesso scenario si manifesta in quegli uffici postali (Montesilvano Spiaggia 2, Scafa, Cepagatti, Chieti Centro, Termoli Centro) chiusi e sanificati più volte nel breve periodo a causa di ripetuti eventi conclamati di contagio. Qui la falla è, crediamo, nella tracciatura dei possibili contatti stretti.

La procedura è agita dalle strutture sanitarie locali, e il Dipartimento di Prevenzione è coadiuvato nel contact tracing dall’azienda. Questa si limita ad intervistare esclusivamente il caso indice, non considerando ciò che ormai è riconosciuto da tutta la comunità scientifica, e cioè che alcune persone, a prescindere dalla durata e dal setting, possono avere una esposizione ad alto rischio, soprattutto nei posti chiusi, poco aerati dove stazionino troppe persone per tempi prolungati. Si vanifica così l’obbiettivo primario del Contact Tracing, quello cioè di interrompere la catena di trasmissione.

L’accesso dei clienti agli uffici postali è l’ulteriore pecca che individuiamo nell’ottica della riduzione del rischio di contagio. E’ vero che bisogna contemperare l’esigenza di fornire un servizio essenziale al diritto di lavorare in sicurezza, ma non si capisce perché, ad esempio, nei bar non si può più stazionare, nelle banche e nei pubblici uffici si entra solo previo appuntamento e negli uffici postali invece, in piena seconda ondata, l’azienda ha incrementato il rapporto tra clienti in ufficio/postazioni di lavoro da 1:1 a 2:1.

Per tutti gli esercizi commerciali e nei servizi vale la raccomandazione di favorire tempi di sosta ridotti, in Poste Italiane evidentemente no. È superfluo precisare quanto il pericolo di contrarre il virus valga sia per i lavoratori che per i clienti in attesa dentro l’ufficio postale”.