3 giugno: è la giornata mondiale della bicicletta

Il 3 giugno è internazionalmente riconosciuto come la giornata mondiale della bicicletta, mezzo di trasporto semplice, economico e sostenibile, in uso da due secoli

L’ISTITUZIONE
La giornata mondiale della bicicletta è stata istituita nel 2018, quando con il voto favorevole di tutti i 193 membri delle Nazioni Unite è passata la risoluzione che individuava la data del 3 giugno per questa ricorrenza.
L’istituzione della giornata mondiale della bicicletta è il frutto di una campagna di sensibilizzazione e consapevolezza avviata dalla European Cyclists’ Federation e dalla World Bicycle Alliance.

LA MOTIVAZIONE
«La bicicletta stimola la creatività e l’impegno sociale e offre al suo utilizzatore una coscienza immediata dell’ambiente locale», si legge nel testo dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite che ha istituito la giornata mondiale della bicicletta, riconoscendo «l’unicità, la longevità e versatilità della bicicletta che è in uso da due secoli e che rappresenta un mezzo di trasporto semplice, economico, affidabile e sostenibile, che promuove la preservazione ambientale e la salute». E ancora: «La bicicletta può essere uno strumento per lo sviluppo e un mezzo non solo di trasporto ma anche di accesso all’educazione, alla salute e allo sport».

L’INVITO DELL’ONU AGLI STATI MEMBRI
Simbolo dell’ecomobilità, la bici veicola un messaggio di sostenibilità dei consumi e della produzione con un impatto positivo sul clima. È per questo che l’Onu incoraggia gli Stati membri «a dedicare particolare attenzione alla bicicletta nei propri piani di sviluppo e a includere la bicicletta nelle politiche di sviluppo internazionale, regionale, nazionale e locale». Nella risoluzione approvata l’Assemblea generale invita inoltre le nazioni ad «aumentare la sicurezza stradale e a integrarla nella pianificazione della mobilità e del trasporto sostenibile, in particolare attraverso misure per proteggere e promuovere attivamente la sicurezza dei pedoni e la mobilità ciclistica, con uno sguardo in particolare agli effetti sulla salute».

STORIA DELLA BICICLETTA
La prima idea di bicicletta è attribuita a Leonardo Da Vinci, come attesta un disegno a matita e carboncino, risalente al 1.493 e contenuto nel Codice Atlantico. Il grande genio pensò a una macchina con due ruote, un’asse di legno che le teneva assieme, un manubrio e una specie di catena che collegava i pedali alla ruota posteriore.
Bisognò però aspettare 324 anni perché la bicicletta si concretizzasse nell’invenzione del barone tedesco Karl von Drais nel 1817, che la battezzò “laufmachine” (macchina da corsa). In onore del suo inventore molti la chiamarono draisina o draisienne in francese. Due anni dopo, nel 1819, arrivò anche in Italia.
Costruita in legno, con le canoniche due ruote, la bicicletta era inizialmente priva di pedali, mentre lo sterzo consisteva in una leva anziché un manubrio: per spostarsi era dunque necessario spingersi con le gambe, camminando da seduti.
La svolta arrivò nel 1885, quando gli inglesi Sutton e Starley fondarono la loro casa costruttrice, lavorando a un modello migliore, con l’adozione della trasmissione a catena e il ridimensionamento delle ruote.
Quasi un secolo dopo, nel 1970 in America Gary Fischer inventò la mountain bike, che arrivò in Italia nel 1985 con il nome di rampichino.

CURIOSITÀ
Fu Thomas Stevens il primo uomo a portare a termine il primo giro del mondo in biciclo. Era l’aprile del 1884 quando Stevens partì da San Francisco. Vi fece ritorno due anni e mezzo dopo, a dicembre del 1886, dopo aver percorso 13.500 miglia.

LE SFIDE DEL FUTURO
In oltre 200 anni di storia la bicicletta di strada ne ha fatta tanta, ma gli ostacoli con cui continua quotidianamente a confrontarsi chi ne fa utilizzo restano troppi. Sicurezza stradale con percorsi dedicati e incentivi per l’utilizzo della bicicletta sono infatti obiettivi spesso ancora lontani dall’essere raggiunti, sebbene negli ultimi anni sia notevolmente aumentata la consapevolezza tra cittadini e istituzioni sull’importanza della mobilità sostenibile, per evitare impatti negativi sulla già compromessa situazione climatica.

ABRUZZO, ALCUNE RIFLESSIONI
Scrive Giancarlo Odoardi, coordinatore della Fiab per Abruzzo e Molise: «L’Abruzzo si è tinto di rosa: merito del Giro d’Italia che, meno di un mese fa, ha imperversato lungo le strade ciclabili e non della costa e quelle dell’Appennino, fino a Campo Imperatore.
Regina incontrastata di questa armocromia di primavera del nostro favoloso territorio è stata la bicicletta. E adesso?
Adesso che abbiamo voluto la bicicletta, bisogna pedalare. E come si pedala in Abruzzo, soprattutto nella giornata mondiale della bicicletta?
Due sono gli scenari che si prospettano: il cicloturismo e il ciclismo urbano. Nell’accezione comune, e soprattutto nel mondo della comunicazione, prevale indubbiamente il primo, soprattutto quando sopraggiunge la bella stagione, e tutte le analisi, le valutazioni, le prospettive, gli scenari, si incardinano su questo modello, sul fuori porta, sulla gita, sulla escursione, sullo svago e sul divertimento. Grandi numeri sulla resa economica e grandi proiezioni su futuro del settore cicloturistico e del suo peso sul Pil: in Svizzera la vendita delle mountain bike ha superato gli sci, e dal punto di vista del cambiamento climatico (gli impianti, la neve artificiale) questo dovrebbe far riflettere (la bici salverà il mondo?). Nella nostra Regione, proprio in questi giorni, le bici girano a mille per le numerose iniziative in programma.
Il fenomeno cicloturistico è in crescita, anche grazie alla svolta dell’e-bike cresce: nascono percorsi (come la Ciclovidia e le sorelle Ciclovie dell’acqua dell’area Peligna, oppure la Linea Gustav dell’Alto Sangro) e nascono opportunità di conoscenza del territorio e di crescita economica.
E poi c’è il contesto urbano, dove i numeri delle bici sarebbero di gran lunga più importanti, di cui si parla con meno interesse ma che incidono di gran lungo di più su alcuni aspetti di rilievo, e in particolare della pianificazione della mobilità e dell’impatto ambientale. Contesto, quello cittadino, dove sembra non si riesca a cogliere lo stesso entusiasmo, lo stesso slancio, soprattutto in termini di investimenti, di quello turistico. Tutte le grandi città abruzzesi, a volte conurbazioni come lungo la costa, non brillano come risultati: nonostante le bandiere dei “Comuni-Ciclabili” attribuite da FIAB ai Comuni più talentuosi, specie lungo la costa, i bike smile, il punteggio della valutazione, per capirci, fatica a salire (tranne alcuni casi ancora troppo isolati).
In tutta questa storia manca un pezzo importante. Infatti se all’inizio la Biciclettata Adriatica è nata per promuovere il tratto costiero della Ciclovia Adriatica, ormai in corso di completamento, oggi le richieste si orientano verso una migliore pianificazione della mobilità ciclistica regionale, urbana e extraurbana, con la redazione e l’approvazione, da parte della Regione Abruzzo, del Piano Regionale della Mobilità Ciclistica, reso obbligatorio dalla Legge 2/2018 e da predisporre entro un anno dalla pubblicazione del Piano Generale della Mobilità Ciclistica dello scorso mese di ottobre.
Non solo piste ciclabili, quindi, ma una pianificazione diffusa che preveda l’interconnessione dell’urbanistica con la mobilità e la previsione di spazi di sosta per le biciclette, servizi dedicati ai ciclisti, segnaletica informativa e di direzione, e una rete diffusa di percorsi ciclistici che interessi tutti i territori abruzzesi, partendo dalla costa verso l’interno, interconnessi con il sistema ferroviario, favorendo così un nuovo modello di mobilità, in senso di spostamenti, e ovviamente il turismo in bicicletta. Un modello che può e deve essere aperto anche alle nuove forme di micromobilità, come i pattini a rotelle, strumento che sta sempre più uscendo fuori dalla cerchia prettamente sportiva per diventare un mezzo di scoperta del territorio.»