Frode Fiscale da 60 milioni a Chieti: fascicoli trasferiti a Napoli

Sarà la Procura di Napoli ad occuparsi della maxi frode fiscale scoperta da Polizia e Guardia di Finanza di Chieti e che ha prodotto 12 misure cautelari ed iscritto 40 persone nel registro degli indagati.

Lo ha stabilito il Gip di Chieti Luca De Ninis che ha rivelato un’incompetenza territoriale della Procura teatina perché la base operativa della truffa, secondo quanto emerso dalle indagini, era in Campania. Disposta, così, la trasmissione degli atti da parte del Sostituto Procuratore all’Autorità Giudiziaria partenopea anche alla luce di un precedente procedimento del giugno dello scorso anno per episodi che coincidono con quelli riscontrati a Chieti. Questo sarebbe emerso, in particolare, dagli interrogatori di garanzia di Renato De Luca, uno degli ideatori della truffa insieme ad un altro partenopeo, Michelangelo Maffei, con il quale avrebbe messo in piedi un’organizzazione capace di ottenere rimborsi per compensazione aggirando i controlli dell’agenzia delle entrate. Un sistema già collaudato in terra campana, secondo i magistrati, nel 2015. In sostanza i fatti riscontrati recentemente dalla Squadra Mobile ed in fase di approfondimento dagli uomini della Polizia Tributaria della Guardia di Finanza, non hanno fatto altro che sollevare il velo su quella che rappresentava nient altro che la cellula teatina, guidata secondo l’accusa, dall’imprenditore Maurizio Di Biase. Tesi della Procura, dunque, è che tutti i bonifici effettuati tramite  F24, grazie ai quali decine di clienti usufruivano di compensazioni non dovute, per una truffa all’erario  complessiva, lo ricordiamo, di circa 60 milioni di euro, siano partiti dai supporti telematici dello studio sito in Via Castellino a Napoli, sede operativa dell’organizzazione. Sta ora al Pm incaricato dalla Procura di Napoli a reiterare, nei tempi previsti, le richieste già avanzate dal collega di Chieti, altrimenti potrebbero decadere le ordinanze di sequestro dei beni. Un passaggio sul quale gli avvocati difensori sono già pronti ad avanzare le loro richieste di revoca delle misure, in qualche caso, anche, addirittura, di archiviazione.