Depuratore S.Martino: analisi truccate ed impianto fuori controllo

Depuratore S.Martino: analisi truccate ed impianto fuori controllo, sono particolari sconvolgenti quelli che emergono dalle 162 pagine dell’ordinanza del Gip.

Da questa  sono scattate le misure cautelari, nell’ambito dell’operazione “Panta Rei”,  nei confronti del presidente del Consorzio di Bonifica Centro Roberto Roberti, del direttore tecnico del Consorzio e del depuratore Tommaso Valerio, del responsabile del settore ecologico del depuratore Andrea De Luca e del titolare del laboratorio analisi Dace, Stefano Storto. A loro si aggiungono altri cinque indagati: gli imprenditori Angelo De Cesaris e Fabrizio Mennilli ed i tecnici Nicola Levorato, Corrado Sorgentone e Giustino Angeloni. Su 148 tabelle sequestrate relative alle analisi dello scarico nel fiume del Depuratore, tra il 2013 ed il 2015, ed in particolare concentrate su sei mesi, si riportano dati, secondo l’accusa, palesemente falsificati in almeno il 36% dei casi, per un altro 9%, addirittura le analisi non sono proprio state fatte.

“Le attività illecite nella gestione dei rifiuti – recita l’ordinanza – attuate sia nella fase di smaltimento che di ricezione degli stessi, sono state sempre finalizzate al conseguimento di un risparmio dei costi e/o di un aumento dei ricavi (…) l’atteggiamento degli indagati – si legge ancora – non si é limitato alla mera incuria verso l’applicazione delle misure a tutela dell’ambiente, ma si é sostanziato in una consapevole elusione delle regole. con la preordinata e sistematica adozione di stratagemmi diretti all’occultamento, in specie agli organi di controllo, delle fonti d’inquinamento ambientale derivanti dalle illecite attività del Consorzio.”

A confutare questa tesi la testimonianza di alcuni tecnici del Consorzio che rivelano come veniva loro imposto di dividere il valore reale dell’analisi per il numero che consente al parametro di stare nei valori consentiti. In più, da talune intercettazioni, si evidenzia come i responsabili del Consorzio abbiano perso il controllo della situazione rispetto alla gestione e al trattamento dei fanghi con l’unica preoccupazione di evitare costi eccessivi per l’utilizzo di impianti, dotati di specifiche deroghe,  necessari per il trattamento di componenti chimiche derivanti dall’attività di miscelazione. Altro scopo é quello di certificare una produzione di fanghi con un determinato codice, il più possibile elevata per ottenere un contributo dal Comune di Chieti di 60 euro e 45 a tonnellata, a fronte di una spesa di oltre 142 euro, piuttosto che con un altro codice per il quale il Consorzio si sarebbe dovuto caricare l’intera spesa per lo smaltimento. Si tratta solo di una delle tante illecite attività, secondo la distrettuale anti mafia, poste in essere e che hanno portato negli anni non solo all’inquinamento del fiume Pescara, ma anche al peggioramento della qualità dell’aria, segnalato da molti residenti della zona, e per la quale il WWF chiede analisi più approfondite.