Teramo: in permesso fuori dal carcere, ma il lavoro non c’era

Benefici penitenziari ottenuti grazie a dichiarazioni di lavoro inesistenti: tre persone sono finite nei guai a seguito delle indagini dei Carabinieri di Teramo

Il Nucleo Informativo del Comando Provinciale Carabinieri di Teramo ha concluso un’indagine che ha portato al deferimento in stato di libertà di tre persone, ritenute responsabili di avere tentato di ottenere indebitamente benefici penitenziari mediante la presentazione di atti e dichiarazioni mendaci.

Gli accertamenti hanno permesso di far emergere un quadro preoccupante: la strumentalizzazione delle misure alternative alla detenzione attraverso la costruzione di una realtà fittizia, fatta di rapporti lavorativi inesistenti e situazioni personali artefatte, nel tentativo di accedere a privilegi riservati a chi dimostri effettivi percorsi di reinserimento sociale.

Le persone coinvolte – un 48enne italiano con pregiudizi penali, una 48enne disoccupata attualmente agli arresti domiciliari e un 34enne extracomunitario detenuto presso una struttura penitenziaria umbra – sono indagate per false dichiarazioni in atti destinati all’Autorità Giudiziaria e per false dichiarazioni a un pubblico ufficiale.

Il primo soggetto ha attestato falsamente che la donna ristretta prestasse attività lavorativa presso una propria attività economica formalmente registrata, la cui operatività era in realtà cessata sin dal 2024, con lo scopo di farle ottenere permessi di uscita dalla detenzione domiciliare.

Il terzo indagato, invece, avrebbe dichiarato di essere stato assunto da un’impresa con sede in un Comune della costa teramana, risultata inattiva dal 2023, al fine di ottenere la liberazione anticipata, beneficio previsto per i detenuti che dimostrino condotte di reinserimento.

L’azione del Nucleo Informativo ha portato alla sospensione del beneficio concesso alla donna e al rigetto dell’istanza presentata dal detenuto. Gli episodi accertati rivelano come, con apparente semplicità, sia stato tentato di introdurre nel sistema giudiziario elementi volutamente ingannevoli, nel presupposto che i controlli potessero essere elusi.

Particolarmente significativo è il fatto che, dietro una documentazione formalmente ineccepibile, si celasse un’accurata messa in scena, costruita con riferimenti a realtà economiche inattive da tempo e a relazioni occupazionali mai esistite.

In un contesto in cui la concessione di benefici penitenziari rappresenta uno strumento fondamentale per favorire la rieducazione e il reinserimento del condannato, la presentazione di atti falsi costituisce non solo un reato, ma anche un grave tradimento dell’equilibrio di giustizia su cui si fonda l’intero sistema. Il tentativo di piegare a fini opportunistici strumenti previsti per incentivare comportamenti meritevoli rischia infatti di comprometterne la credibilità.