L’Aquila: Messina Denaro in Rianimazione dopo l’intervento, ad ore richiesta revoca 41 bis

Matteo Messina Denaro è stato operato nel pomeriggio di ieri e, poi trasferito nel reparto di Rianimazione, luogo nel quale dovrebbe restare per alcuni giorni. Difficile stabilire se il boss mafioso ristretto al regime del 41bis venga poi trasferito nella cella ospedaliera dell’ospedale dell’Aquila, oppure riportato direttamente nel carcere di massima sicurezza di Preturo. Imminente la presentazione della richiesta di revoca del carcere duro

Il ricovero d’urgenza di Messina Denaro per un blocco intestinale è avvenuto a poche ore di distanza dall’appello lanciato dai suoi avvocati di fiducia Lorenza Guttadauro (nipote del boss) e da Alessandro Cerella di Vasto (Chieti) sull’aggravamento del quadro clinico del detenuto che si alimenta solo con integratori e succhi di frutta, circostanza che li porterà a presentare nei prossimi giorni al Tribunale della Libertà, una istanza di sospensione della misura cautelare con quella del ricovero in ospedale dove poter ricevere una migliore assistenza.

“Matteo Messina Denaro si è risvegliato dall’operazione che è andata molto bene, è vigile e attivo. E’ in terapia intensiva solo per prassi dopo interventi del genere”. Lo dice il garante dei detenuti in Abruzzo, Gianmarco Cifaldi dopo l’intervento a cui è stato sottoposto all’ospedale dell’Aquila il boss mafioso. “La degenza in ospedale dipende dalla combinazione tra il consulto sanitario e gli approfondimenti del Dap che deve valutare le azioni per garantire la sicurezza interna ed esterna – afferma ancora Cifaldi -. Tutte le azioni vanno a garantire i diritti costituzionali sia per il boss sia per tutte le persone libere”.

Quanto alla richiesta di scarcerazione annunciata dai difensori di Messina Denaro in quanto il regime del 41 bis sarebbe incompatibile con le condizioni di salute di Messina Denaro, Cifaldi sottolinea: “garantiamo il diritto alla salute con personale medico qualificato e tutte le Agenzie dello Stato stanno operando nel rispetto del dettato costituzionale, me compreso”.

L’ex latitante, affetto da un tumore, è dal giorno dell’arresto in cura all’interno del penitenziario dove è stata allestita per lui una stanza per la chemioterapia. Nelle scorse settimane il capomafia aveva subito un piccolo intervento per problemi urologici ed era però rientrato nell’istituto di pena in giornata. Le condizioni di Messina Denaro “sono peggiorate e non sono compatibili con il carcere duro”. E’ quanto afferma l’avvocato del boss mafioso Alessandro Cerella sostenendo che “deve essere assistito 24 ore al giorno”. Cerella ha incontrato il boss nel carcere de L’Aquila a fine luglio. Messina Denaro, dice ancora l’avvocato, “assume un po’ di acqua ed integratori ed è molto dimagrito. I medici dell’ospedale dell’Aquila che lo hanno preso in cura da gennaio non lo vedono tutti i giorni e lui ha bisogno di una assistenza giorno e notte da parte di una infermiera”.

“Io non mi farò mai pentito”: lo dice senza esitazioni il boss Matteo Messina Denaro interrogato dopo l’arresto dal procuratore di Palermo Maurizio De Lucia e dall’aggiunto Paolo Guido. L’interrogatorio in cui il boss nega di aver commesso stragi e omicidi e di aver trafficato in droga, ma ammette di aver avuto una corrispondenza con il capomafia Bernardo Provenzano, è stato depositato oggi.

Nel corso dell’interrogatorio reso a febbraio, Messina Denaro ha raccontato anche  l’origine del selfie scattato con uno dei medici della clinica La Maddalena che tante polemiche suscitò dopo la cattura del boss: “Lui è stato uno di quelli che mi operò, il primo aiuto, al fegato; io ci andavo ogni mese, perché lui mi doveva visitare la ferita, me la curava lui, perché è una ferita abbastanza pesante. Ad un tratto mi alzo, ci salutiamo, perché avevamo un rapporto… ci davamo pure del tu, abbracci, bacio, eh, sto per girarmi e mi fa cosi: ‘Ce lo facciamo un selfie assieme?, e io che dico no?”

Un altro particolare rivelato in quell’interrogatorio riguarda la profonda conoscenza del territorio da parte del boss: “Tutte le telecamere di Campobello e Castelvetrano le so, primo perché ho l’aggeggio che le cercava, che non l’avete trovato; e poi perché le riconosco. “Poi c’era un’altra cosa: molte di queste telecamere, quando le piazzavano – perché all’inizio, quando iniziarono, erano tutte di notte, poi anche di giorno – c’era un segnale, il maresciallo dei Ros c’era sempre lui; appena si vedeva lui con due o tre fermi in un angolo, già stavano mettendo una telecamera, anche se ancora non avevano messo”. “Va beh, ma lei non è che era sempre in giro?”, gli dice il magistrato. “No, me lo dicevano. Amici miei, che non dico”.