Bandiere della Palestina davanti alla basilica di Collemaggio, poi il corteo lungo le vie del centro storico: a L’Aquila solidarietà per i tre imputati palestinesi
I tre, Anan Yaeesh, Ali Irar e Mansour Doghmosh, sono imputati nel processo in corso all’Aquila per presunti legami con la resistenza all’occupazione israeliana.
La mobilitazione si inserisce in una tre giorni di iniziative che accompagna la ripresa del dibattimento in aula. Nelle ultime udienze sono stati ascoltati diversi testimoni dell’accusa.
Tra i nodi principali: l’interpretazione di messaggi e chat, al centro del fascicolo, e la questione delle fonti informative.
In particolare, sono emerse annotazioni attribuite a servizi israeliani, non ammesse però nel fascicolo del dibattimento. Ieri ha testimoniato Alessia Fiordigigli, della Digos, che ha ricostruito l’attività d’indagine riferita ai territori occupati, in particolare a Tulkarem, in Cisgiordania, teatro dei fatti contestati.
“Le chat continuano a rappresentare uno snodo centrale del processo, ma è difficile decifrarle senza un contesto preciso – ha spiegato all’ANSA Khaled El Qaisi, attivista, osservatore legale e mediatore culturale – Sono state oggetto di discussione anche oggi, come nell’udienza precedente. Si sta cercando di capire cosa davvero significhino nel merito. A fronte di domande circostanziate su eventi e luoghi specifici – ha aggiunto El Qaisi – la teste della Digos ha faticato a fornire elementi utili a chiarire la situazione”.
Gli attivisti in corteo contestano “indagini svolte su Google e il sequestro di armi giocattolo”.
Era attesa anche la testimonianza di Vincenzo Troiani, sempre della Polizia, ma l’audizione è stata rinviata a oggi per mancanza di tempo. Attesa anche la testimonianza di personale della Guardia di Finanza in merito a transazioni di denaro.
