Gay pride: per monsignor Forte “non è sano cancellare la differenza sessuale”

L’arcivescovo di Chieti Vasto, Bruno Forte, interviene sull’Abruzzo Pride, in programma sabato a Chieti, per evidenziare che “se da una parte il messaggio di non discriminare nessuno non può che essere condiviso, dall’altro non è sana la pretesa di cancellare la differenza sessuale”, proponendo motivi di riflessione che indirizza a tutti, “a chi vi prenderà parte, a chi vi si asterrà, come a chi sente quest’evento come estraneo o contrario alle proprie convinzioni e alla storia della città e della sua cultura”

L’arcivescovo, richiama quanto affermato da Papa Francesco nell’enciclica ‘Laudato Sì’, al numero 155 ovvero “l’accettazione del proprio corpo come dono di Dio è necessaria per accogliere e accettare il mondo intero come dono del Padre e casa comune. Imparare ad accogliere il proprio corpo, ad averne cura e a rispettare i suoi significati è essenziale per una vera ecologia umana. Anche apprezzare il proprio corpo nella sua femminilità o mascolinità è necessario per poter riconoscere sé stessi nell’incontro con l’altro diverso da sé. In tal modo è possibile accettare con gioia il dono specifico dell’altro o dell’altra, opera di Dio creatore, e arricchirsi reciprocamente. Pertanto, non è sano un atteggiamento che pretenda di ‘cancellare la differenza sessuale perché non sa più confrontarsi con essa’”.
Forte ricorda alcuni aspetti della visione cristiana della vita che comprendono, oltre a quanto già citato nell’enciclica, “la gratitudine per aver avuto nella nostra infanzia un papà e una mamma ed essere cresciuti all’interno di famiglie aperte alla vita; la consapevolezza che donare la vita è la gioia più grande ed il dono più augurabile per tutti e per ciascuno, poiché in questa relazione vitale si esprimono l’amore reciproco e la sua fecondità”. L’arcivescovo sottolinea inoltre che “la differenziazione sessuale è vitale e arricchente per la crescita di tutti: più siamo capaci di accoglierci autenticamente sul piano sessuale, più ci accorgiamo di essere capaci di accogliere le persone provenienti da altre etnie, lingue e culture, nella loro nativa ricchezza sociale e politica, diventando così anche più aperti all’accoglienza degli immigrati e dei richiedenti asilo”.