Chieti: inchiesta cardiochirurgia, una condanna e sette rinvii a giudizio

Il gup del Tribunale di Chieti, Andrea Di Berardino, ha rinviato a giudizio sette persone, e ne ha condannata una con il rito abbreviato, al termine di un’udienza durata sei ore, e dopo due ore di camera di consiglio, nell’ambito dell’inchiesta condotta dalla Guardia di Finanza di Chieti sugli acquisti di valvole cardiache e altri dispositivi che secondo l’accusa venivano effettuati, nel reparto di Cardiochirurgia del policlinico di Chieti, “senza alcuna valutazione in un contesto di corruzione sistemica”.

A giudizio sono finiti l’ex primario della Cardiochirurgia del policlinico di Chieti, Gabriele Di Giammarco, gli imprenditori Maurizio Mosca e Antonio Pellecchia, Andrea Mancini, dipendente di quest’ultimo, il medico ospedaliero Daniele Marinelli, il cardiochirurgo veneto Tomaso Bottio e il dirigente dell’Asl Andrea Tisselli. A seconda delle posizioni le accuse vanno dalla corruzione
all’abuso d’ufficio, dal concorso nella turbativa del regolare svolgimento del procedimento amministrativo volto ad individuare il contraente, dal falso all’omicidio colposo: quest’ultimo reato viene contestato a Bottio e Di Giammarco dopo che un paziente morì in conseguenza di un intervento di impianto di assistenza ventricolare Heart Mate 3, intervento eseguito fra l’altro in assenza di una valutazione dell’heart team.

Quanto alla corruzione, Di Giammarco in cambio dell’acquisto di valvole cardiache senza un bando e ad un prezzo doppio di mercato avrebbe ricevuto una serie di regalie fra le quali l’arredo del
proprio studio in ospedale per un importo di 27.084 euro, la pavimentazione e la costruzione di un bagno privato, la fornitura di circa 200 metri quadri di parquet e i lavori di posa in opera, spesa di 14.286 euro, una valigia in pelle del valore di circa 350 euro, un soggiorno a Lisbona di quattro giorni comprensivo di biglietto aereo e spese, un soggiorno in hotel a Vancouver e biglietti aerei per Dubai, Montreal e Cuba.
Prima udienza del processo il primo febbraio 2022 dinanzi al Tribunale in composizione collegiale. Un anno e sei mesi di reclusione e 300 euro di multa, pena sospesa, con il rito abbreviato, come da richiesta del pm Giancarlo Ciani, la condanna inflitta alla Capocasa, ex direttore amministrativo dell’Asl, Lanciano Vasto Chieti, che doveva rispondere di abuso d’ufficio e turbata libertà del procedimento di scelta del contraente. La Capocasa è stata interdetta dai pubblici uffici per la durata della pena e condannata al risarcimento alla Asl in separato giudizio. L’azienda sanitaria è parte civile nel procedimento e chiede un risarcimento complessivo di 5 milioni di euro. Parti civili costituite sono anche i fratelli e i nipoti del 59enne di Atri deceduto in seguito all’intervento.