Tragedia Rigopiano, ex capo della mobile si scusa con i parenti

L’ex capo della Mobile di Pescara, Pierfrancesco Muriana, ha inviato una lettera di scuse al Comitato Vittime di Rigopiano, dopo gli sviluppi della sua denuncia che ha portato all’iscrizione di quattro carabinieri nel registro degli indagati.

La lettera di Muriana si riferisce alla gestione delle telefonate di allarme arrivate in Prefettura dal cameriere Gabriele D’Angelo, poi morto con altre 28 persone nel resort distrutto dalla valanga il 18 gennaio 2017.

“Voglio innanzitutto chiedere scusa come uomo delle istituzioni per le disgustose ed assurde vicende che voi, familiari delle vittime di Rigopiano, siete da tempo costretti a vivere, in preda ad un comprensibile e crescente sgomento”.

Muriana spiega anche che il suo esposto è stato “frutto di un preliminare incontro con il Procuratore Capo di Pescara, il dr. Massimiliano Serpi, magistrato integerrimo e capace, a cui ho dapprima esposto i delicati elementi di prova da me raccolti, e dal quale ho ricevuto poi precise indicazioni sul da farsi”.

“In attesa da quasi tre anni di giustizia, – prosegue la lettera, scritta poco prima di Natale – ma soprattutto di verità, state invece assistendo a quella che, ai vostri occhi e di quelli di tutta la comunità, appare come una lotta invereconda. Una lotta tra pezzi dello Stato che, anziché profondere le loro energie nella ricerca dei veri motivi per i quali, anche in occasione del prossimo Natale, non vi sarà consentito di abbracciare i vostri cari come un tempo usavate, sembrano impegnati a infangarsi a vicenda e a rimpallarsi responsabilità, se non addirittura a nascondere parti di verità. Desidero inoltre aggiungere che in quello scritto non ho relazionato ‘contro’, non essendo io lo strumento di nessuno, ma solo ‘a favore’. A favore della verità che sembra tardare ad arrivare, ma che dovrà obbligatoriamente essere tributata alla memoria dei vostri ventinove cari che, solo così, potranno finalmente riposare in pace”.

Del Comitato Vittime non fa parte papà Feniello, Muriana chiede che la lettera venga estesa anche a lui “che oggi mi addita come persona animata da loschi intenti e in combutta con non meglio precisati personaggi. La sua è la comprensibile rabbia di un padre che ha perso un figlio in circostanze tragiche, al quale qualcuno sta probabilmente propalando una narrazione distorta dei fatti. Se ciò sta avvenendo per un cinico calcolo, quel qualcuno sarà chiamato a risponderne davanti alla giustizia di Dio e a quella degli uomini”.

Nel pomeriggio è arrivata la replica di papà Feniello:

“Vedo che si parla di scuse e in molti siti vedo titoli che parlano delle scuse di Muriana ai parenti delle vittime. Io non vedo scuse, ma chiacchiere. Mi sembra una persona che dopo quasi tre anni ha capito che forse le cose si mettono male anche per lui e allora cerca di nascondersi mettendosi dalla parte delle vittime. Io non ci casco, caro sig. Muriana, io non le credo. Non credo più a nessuno dal quel maledetto 18 gennaio e soprattutto non credo a nessuno da quando il Prefetto Provolo ci annunciò che Stefano era vivo. Avete giocato sporco, avete voluto scherzare con il dolore della povera gente, adesso dovete pagare tutti, dal primo all’ultimo. Chi ha ucciso 29 persone, e chi ha cercato di coprire i responsabili di questa tragedia. Sarà la magistratura a stabilire di chi sono le responsabilità penali. Ma la responsabilità umana la posso giudicare anche da solo. E lei, Sig. Muriana, è colpevole. E le dico di più, a me nessuno mette in testa nulla, io per fortuna ho ancora una testa che pensa e che capisce. La verità lei ancora non l’ha spiegata, però fa sempre in tempo. Poi, magari, parleremo di scuse vere”.