A giudizio per truffa vertici e dipendenti ditta trasporti

Rinviati a giudizio vertici e dipendenti ditta trasporti di Pratola Peligna accusati di aver minacciato i propri autisti di licenziamento e di averli obbligati a turni massacranti di lavoro. La replica della Società in un comunicato stampa.

Erano stati prima prosciolti, ma dopo il ricorso in Corte di Cassazione da parte della procura di Sulmona, la vicenda è tornata davanti al gup, che oggi ha rinviato a giudizio tutti i nove imputati: si tratta dei vertici e di alcuni dipendenti addetti alla logistica della ditta di autotrasporti Di Nino di Pratola Peligna, accusati di aver minacciato i propri dipendenti di licenziamento, obbligandoli a turni massacranti di lavoro con gravi ripercussioni sulla sicurezza stradale e sui lavoratori. A finire sotto processo sono: Piero Di Nino, Stefano Di Nino, Marco Caldarozzi, Attilio D’Andrea, Natalino Liberatore, Ottavio Pisegna, Marco Amiconi, Angelo Santilli e Angelo Campellone. Sono accusati a vario titolo di estorsione, falso e truffa ai danni dello Stato, favoreggiamento personale e voto di scambio. L’inchiesta era partita agli inizi dell’aprile del 2014, in seguito a una denuncia presentata da alcuni autisti, che erano stati licenziati, a loro detta, ingiustamente. Un capo di imputazione con tante contestazioni tra cui l’utilizzo di cronotachigrafi manomessi su 20 veicoli. Dalle indagini condotte dalla polizia stradale di Pratola Peligna sarebbe emerso che l’alterazione di questi apparecchi sarebbe avvenuta attraverso l’utilizzo di un magnete che ne impediva il corretto funzionamento. In pratica grazie all’alterazione di tale strumentazione i veicoli che risultavano fermi erano in realtà in movimento. Il tutto per aggirare le normative vigenti in materia di trasporto per abbattere la concorrenza e mettendo, quindi, a repentaglio la sicurezza stradale e la salute dei lavoratori stessi. Le contestazioni a carico dei titolari non finiscono qui poiché su di loro pende anche l’accusa di falso e truffa ai danni dello Stato, per avere indotto in errore gli organi della polizia stradale al fine di eludere il pagamento di sanzioni amministrative prescritte dal codice della strada, mentre cinque autisti devono rispondere del reato di favoreggiamento personale. L’inchiesta coinvolge i Di Nino anche a livello politico. Nel corso delle indagini, infatti, è venuto fuori che alcuni dipendenti attraverso anche i familiari, durante le elezioni provinciali del 2010, avrebbero subito pressioni sul diritto di voto. La prima udienza del processo è stata fissata al 4 ottobre 2016.

La replica dei vertici della Società di trasporti Di Nino in un comunicato stampa.

“Siamo già stati riconosciuti innocenti una prima volta e siamo certi che continueremo a provare la nostra totale estraneità alle infamanti accuse mosse da personaggi il cui valore morale e la cui condotta anche penale è discutibile e degna di essere stigmatizzata”. È scritta in un comunicato la replica della autotrasporti Di Nino, dopo la decisione del gup del tribunale di Sulmona di mettere sotto processo i vertici e sette dipendenti dell’azienda di famiglia della ex vice presidente della provincia dell’Aquila e esponente di spicco di Forza Italia, Antonella Di Nino. “Non vogliamo pensare che si possa dar credito ad accusatori che sono stati animati da un unico spirito di rivalsa per essere stati tutti licenziati e per aver perso sia in primo che in secondo grado le vertenze di lavoro. E non solo, trattasi di personaggi tra i quali molti sono noti alla giustizia penale; tanto per citarne alcuni esempi, uno di questi accusatori, è stato condannato dal Tribunale di Modena non meno di due mesi fa per essersi appropriato del carburante di proprietà della nostra società vendendolo a estranei di nazionalità estera. Per un altro, già condannato per sfruttamento della prostituzione, pende dinanzi al Tribunale di Sulmona un processo per calunnia per averci falsamente accusato di fatti mai accaduti; ed uno è stato rinviato a giudizio per averci minacciato. Questi alcuni dei profili dei nostri accusatori”. “Siamo sicuri che il dibattimento, dunque, sarà la sede naturale perché la verità venga definitivamente a galla – conclude il comunicato – e finalmente sarà tutelata la dignità di chi pur di fronte ad una ingiustizia di simile fattezza, continua a credere nel lavoro e nell’azienda nella quale da anni continua ad investire a salvaguardia dei posti di lavoro”.

 

 

Fabio Lussoso: