L’Aquila: appello Rigopiano, parola alla difesa

Al Processo in Corte d’Appello a L’Aquila per la tragedia di Rigopiano è il giorno delle difese degli imputati condannati in primo grado

In nessun modo si poteva mai prefigurare un evento di simile portata secondo le difese degli unici condannati in primo grado per la tragedia avvenuta a Farindola e ribadiscono il concetto dell’imprevidibilità della valanga che il 18 gennaio del 2017 travolse l’hotel e sotto le sue macerie morirono 29 persone.

Quella odierna è l’ultima udienza in Corte d’Appello a L’Aquila prima della pausa natalizia.

AGGIORNAMENTO

Si è conclusa con l’arringa dei due legali del sindaco di Farindola, Ilario Lacchetta, l’ultima udienza prima della pausa natalizia. Per Lacchetta, uno dei cinque unici imputati condannati in primo grado dei trenta complessivi, i difensori hanno chiesto l’assoluzione sull’unico punto per il quale è stato condannato a due anni e 8 mesi: il mancato sgombero dell’Hotel sulla base del bollettino Meteomont.
Per i legali lo stesso bollettino non poteva essere strumento di allarme e previsione e questo sulla base di nuove prove, accolte al 90% dal Collegio dei giudici presieduto da Aldo Manfredi, in quanto è stato dimostrato che “nessuno ha mai predisposto un’ordinanza di sgombero – ha spiegato l’avvocato Cristiana Valentini – basandosi su un semplice bollettino Meteomont in assenza di una storicizzazione, o ancor di più di una carta valanghe che come sappiamo tutti in Abruzzo non esisteva.”

I legali di Lacchetta, Valentini e Manieri, hanno anche chiesto che venisse dichiarato inammissibile il ricorso della Procura di Pescara perché “carente delle caratteristiche che, per legge, dovrebbe avere l’Appello del Pubblico Ministero.”

Chiesta l’assoluzione anche per un altro imputato, condannato in primo grado e del quale si è discusso in mattinata nell’aula magna del Tribunale dell’Aquila, il dirigente della Provincia di Pescara, l’ingegnere Paolo D’Incecco:

“È un’imputazione che non regge quella a carico del nostro assistito – ha detto l’avvocato Marco Spagnolo che insieme al collega Gianfranco Iadecola ha ribadito l’impossibilità da parte di D’Incecco, alla luce di una lunga serie di elementi, di prefigurare un evento come la terribile valanga del 18 gennaio di 6 anni fa – In particolare, – ha proseguito Spagnolo – sulla questione del mezzo straordinario per la pulizia della Sp 8 da Farindola a Rigopiano, guasto al momento della necessità, la sostituzione non avrebbe avuto effetto salvifico, alla luce dei forti ritardi registrati in quei giorni. Basti citare il caso della Provincia di Teramo che, di fronte alle stesse esigenze di Pescara, ricevette i mezzi sostitutivi dalla Lombardia solo nella tarda serata del 18 gennaio, quando tutti sappiamo che la tragica valanga si è abbattuta sull’Hotel Rigopiano poco prima delle 17.00 di quello stesso giorno.”

Questa mattina dinanzi al presidente del collegio dei giudici Aldo Manfredi e i presenza dei Pm pescaresi, applicati per l’occasione al Tribunale dell’Aquila Andrea Papalia e Anna Benigni, ha preso il via la serie di arringhe degli unici imputati condannati in primo grado. E sempre a proposito della posizione di D’Incecco, l’avvocato Iadecola stamattina aveva spiegato:

“Abbiamo sostenuto che D’Incecco, alla luce delle sue conoscenze, alla luce del fatto che la Provincia non aveva elaborato piani di emergenza e di previsione, alla luce del fatto che, in base alla riforma, avesse perso le competenze in materia di Protezione Civile, ma soprattutto alla luce del fatto che non gli fosse arrivato il bollettino Meteomont, non era nelle condizioni di prefigurare un evento di simile portata”.

D’Incecco è stato condannato in primo grado a tre anni e quattro mesi di reclusione ed il sindaco di Farindola Ilario Lacchetta a due anni e otto mesi di reclusione per il crollo del resort di località Rigopiano.

Il procedimento davanti al giudice per le udienze preliminari si era concluso con cinque condanne e 25 assoluzioni. Il responsabile del servizio viabilità dell’ente Mauro Di Blasio era stato condannato a tre anni e quattro mesi di reclusione, l’ex gestore dell’albergo della Gran Sasso Resort & Spa, Bruno Di Tommaso, e Giuseppe Gatto, redattore della relazione tecnica per l’intervento sulle tettoie e verande dell’hotel a sei mesi di reclusione.

Nel corso del processo l’accusa – rappresentata dal procuratore capo, Giuseppe Bellelli, e dai pm Andrea Papalia e Anna Benigni – aveva chiesto 26 condanne, per un totale complessivo di 151 anni e mezzo di reclusione, e quattro assoluzioni.

Le prossime udienze sono previste nei giorni 10, 12, 17, 24, 26 e 31 gennaio e il 7 febbraio 2024. Il dispositivo di sentenza è previsto per il 9 febbraio.