Rapporto spiagge di Legambiente: in Abruzzo quasi 250 stabilimenti in più

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Anche in questa seconda ondata di pandemia trovare una spiaggia libera è sempre più difficile. In base al rapporto spiagge di Legambiente,  in Abruzzo gli stabilimenti passano da 647 del 2018 a 891 del 2021.

In base al report “Rapporto Spiagge 2021. La situazione e i cambiamenti in corso nelle aree costiere italiane” diffuso da Legambiente, aumentano in tutte le regioni le concessioni balneari arrivate quest’anno a quota 12.166 (contro le 10.812 degli ultimi dati del demanio relativi al 2018) registrando un incremento del +12,5%. Legambiente scatta una fotografia aggiornata e dettagliata dei lidi italiani con dati e numeri alla mano, facendo il punto anche su nodi irrisolti, questioni ambientali da affrontare ed esperienze green che arrivano da stabilimenti e amministrazioni che hanno deciso di puntare sulla sostenibilità ambientale. Emerge che oltre il 50% delle aree costiere sabbiose italiane è sottratto alla libera e gratuita fruizione con incrementi considerevoli in Abruzzo.

Tra le regioni record ci sono Liguria, Emilia-Romagna e Campania con quasi il 70% dei lidi occupati da stabilimenti balneari. Altri decisi incrementi si registrano in Abruzzo con un salto degli stabilimenti da 647 nel 2018 a 891 nel 2021 e nelle regioni del sud a partire dalla Sicilia dove le concessioni per stabilimenti balneari sono passati da 438 nel 2018 a 620 nel 2021, con un aumento del +41,5%; seguita da Campania che registra un aumento del +22,8% e dalla Basilicata (+17,6%). Tra i comuni costieri, il record spetta a Gatteo (FC) è quello che ha tutte le spiagge in concessione, ma si toccano numeri incredibili anche a Pietrasanta (LU) con il 98,8% dei lidi in concessione, Camaiore (LU) 98,4%, Montignoso (MS) 97%, Laigueglia (SV) 92,5%, Rimini 90% e Cattolica 87%, Pescara 84%, Diano Marina (IM) con il 92,2% dove disponibili sono rimasti solo pochi metri in aree spesso degradate. Ma a pesare sulle poche spiagge italiane è anche il problema dell’erosione costiera che riguarda circa il 46% delle coste sabbiose e che si sta accentuando a causa della crisi climatica. La spesa per combatterla – con interventi finanziati dallo Stato e, in parte, da Regioni e Comuni – è di circa 100 milioni di euro l’anno ed è maggiore rispetto a quanto lo Stato incassa effettivamente dalle concessioni balneari (83milioni gli incassi effettivi su 115 milioni nel 2019, unici dati disponibili). Uno dei problemi è che si continua ad intervenire con opere rigide come pennelli e barriere frangiflutti, che interessano almeno 1.300 km di costa, e su cui bisognerebbe aprire una riflessione sulla reale efficacia. E poi c’è la questione legata alle coste non balneabili: complessivamente lungo la Penisola il 7,7% dei tratti di coste sabbiose è di fatto interdetto alla balneazione per ragioni di inquinamento.

“La situazione delle spiagge in concessione in Italia non ha paragoni con nessun Paese europeo. Un patrimonio ambientale e pubblico così straordinario – dichiara Giuseppe Di Marco, presidente Legambiente Abruzzo – deve essere gestite nella massima trasparenza, tutelando il diritto a fruire delle spiagge. Oggi non è così, non esista una norma nazionale che stabilisca una percentuale massima di spiagge che si possono dare in concessione, per cui assistiamo a una corsa alle nuove concessioni e a situazioni dove non esistono più spiagge libere. Chiediamo alla politica e ai balneari di smetterla di parlare della Direttiva Bolkestein, lasciando la questione delle aste alla magistratura, e di affrontare assieme finalmente le questioni delicate che interessano le coste italiane, come l’erosione, il diritto alle spiagge libere e la qualità dei servizi, la tutela della costa. Inoltre, al Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibile, spetta il compito di rendere finalmente trasparenti e accessibili i dati che riguardano il modo con cui vengono gestite queste delicate aree in cui troppo spesso assistiamo a vere e proprie privatizzazioni di fatto. Quando ci sarebbe bisogno di capire come. Da un Governo europeista e impegnato nella transizione ecologica come quello guidato da Mario Draghi, ci aspettiamo che finalmente si affrontino questi temi e si punti ad un grande progetto di riqualificazione delle aree costiere, della loro accessibilità e fruizione turistica Per Legambiente sono chiare le priorità che vanno affrontate con una nuova Legge di riordino delle coste e con politiche che puntino a valorizzare questo straordinario patrimonio”.
“Risulta fondamentale – commenta Silvia Tauro, segreteria Legambiente Abruzzo – confrontarsi e discutere unitamente sui temi della riqualificazione delle aree costiere, accessibilità e fruizione turistica. Partire proprio dall’Abruzzo ci sembra un messaggio importantissimo perché la nostra regione se da un lato sta avendo un’attenzione importante sul Turismo Attivo e Sostenibile, a partire dal cicloturismo, dall’altro sta subendo in modo pesante l’erosione costiera a causa di interventi dell’uomo progettati e pensati male. E’ fondamentale istituire una cabina di regia che guardi il tema a 360° rispettando il paesaggio, il territorio, le spiagge e lo sviluppo turistico”.

Toscana, Basilicata, Sicilia, Friuli-Venezia Giulia e Veneto si confermano le cinque regioni in cui non esiste nessuna norma che specifichi una percentuale minima di costa destinata alle spiagge libere o libere attrezzate. Altre regioni sono invece intervenute fissando percentuali massime, ma poche sono quelle intervenute con provvedimenti incisivi e controlli a tutela della libera fruizione. Tra i casi virtuosi citati da Legambiente ci sono la Puglia e la Sardegna che hanno stabilito il principio del diritto di accesso al mare per tutti, fissando una percentuale di spiagge libere pari al 60%. In Abruzzo, invece, solo il 20%.

Nel report si segnalano gli stabilimenti che puntano su un’offerta green e di qualità: ci sono quelli plastic free, quelli che investono sul solare, che salvaguardano le dune, valorizzano prodotti a km zero, prevedono spazi ad hoc per chi si muove in bici o con mezzi di mobilità elettrica. Spazio anche alle best practises per contrastare l’erosione costiera. Tra gli esempi virtuosi a Bergeggi (SV) la spiaggia delle Sirene è rinata dopo l’intervento di ripascimento del 1992, mentre a Vallecrosia (IM), grazie a finanziamenti ottenuti nel 2004, sono stati utilizzati 300 mila metri cubi di materiale preso dall’alveo del torrente Verbone con l’ottimo risultato di rendere inutili i pennelli e creare una spiaggia di 60-70 metri già nel 2006. In Sardegna il comune di Posada (NU) ha intrapreso una scelta di pianificazione e gestione delle trasformazioni del territorio, in particolare a Monte Orvile, che si è dimostrata all’avanguardia per la messa in sicurezza del territorio dalla speculazione edilizia e da fenomeni di dissesto idrogeologico. Altra buona pratica di gestione arriva da Gallipoli (LE), dove sono state utilizzate palizzate in castagno come struttura di difesa dall’erosione marina e accumulo del trasposto eolico per il ripascimento spontaneo del piede dunare, e graticciate sui versanti per la stabilizzazione del sedimento. Previsto anche un imponente ripristino vegetazionale sul nuovo profilo e all’interno dei campi dunari.