Gasdotto Sulmona, Comitato: studio Università La Sapienza pone dubbi su convenienza investimenti

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Gasdotto Sulmona: Comitato, Governo smentito da scienza

Uno studio condotto dai ricercatori del Dipartimento di Ingegneria dell’Energia dell’Università La Sapienza di Roma sottolinea come i grandi
investimenti in impianti e infrastrutture del gas potrebbero diventare “stranded assets” (investimenti non remunerativi) e ritardare e ostacolare la diffusione delle tecnologie rinnovabili. A segnalarlo sono i Comitati cittadini per l’ambiente – Coordinamento No Hub del Gas che si battono contro la realizzazione del metanodotto Sulmona-Foligno ritenuto “strategico” dal governo e non confliggente “in alcun modo con i principi della ecosostenibilità e della tutela ambientale”. “E’ una colossale bugia – sostengono i Comitati – un’ affermazione che denota scarsa conoscenza sia del progetto che dell’enorme impatto ambientale che arrecherebbe alle aree attraversate dall’infrastruttura”.

Lo studio cui si fa riferimento è stato pubblicato sulla rivista internazionale Journal of Cleaner Production e dimostra che, sotto ogni punto di vista, è più conveniente abbandonare da subito le fonti fossili puntando invece sulle rinnovabili e sulla efficienza energetica. Lo studio è stato ripreso dall’edizione italiana di Nature: i nuovi gasdotti e gli impianti di rigassificazione, scrivono gli autori, rappresentano un “investimento a lungo termine che contraddice la necessità di una rapida decarbonizzazione dei sistemi energetici” e possono “sottrarre capitale agli investimenti in tecnologie verdi”. Inoltre, l’implementazione del gas rappresenta una “barriera per il processo di transizione verso le energie rinnovabili e i sistemi energetici sostenibili”.
Secondo lo studio dell’Università La Sapienza l’investimento di 80 miliardi di euro nel settore delle rinnovabili creerebbe 640 mila posti di lavoro temporanei e 30 mila posti permanenti per il funzionamento, la manutenzione e la produzione. Tali misure consentirebbero di ridurre le emissioni annuali del sistema energetico italiano di 21,5 megatonnellate di C02. Tutto ciò avrebbe l’effetto di “migliorare l’indipendenza energetica e rendere meno soggetti all’alta volatilità dei prezzi del gas. E questo in particolare in Paesi come l’Italia, il cui sistema energetico è largamente basato sulle importazioni di gas”.