Sentenza Tragedia Rigopiano: 5 condanne, tutti gli altri assolti. Urla e lacrime dei familiari

Alle ore 17  in punto è il giudice Gianluca Sarandrea a leggere in aula la sentenza di primo grado per la tragedia di Rigopiano: assolto l’ex prefetto Francesco Provolo ( chiesti 12 anni). Assoluzione anche per l’ex presidente della provincia Antonio Di Marco. 2 anni e 8 mesi per il sindaco di Farindola Ilario Lacchetta. 3 anni e 4 mesi per i dirigenti della provincia D’Incecco e Di Blasio (chiesti 10 anni). 6 mesi per Bruno Di Tommaso, gestore dell’hotel, (chiesti 7 anni e 8 mesi) e il tecnico Giuseppe Gatto. In aula la protesta dei familiari delle 29 vittime tra urla e lacrime: “Oggi sono morti per la seconda volta!”

Assolti l’ex prefetto di Pescara, Francesco Provolo e l’ex presidente della Provincia, Antonio Di Marco. Lo ha stabilito il gup del Tribunale del capoluogo adriatico Gianluca Sarandrea nella sentenza, appena pronunciata in aula, relativa alla tragedia dell’Hotel Rigopiano di Farindola, travolto e distrutto, il 18 gennaio del 2017, da una valanga, evento in cui morirono 29 persone fra ospiti e dipendenti.

Due anni e otto mesi al sindaco di Farindola Ilario Lacchetta per omicidio plurimo colposo e lesioni multiple colpose. Il dirigente e il responsabile del servizio di viabilità della Provincia di Pescara, Paolo D’Incecco e Mauro Di Blasio, sono stati condannati a tre anni e quattro mesi di reclusione per le accuse di omicidio plurimo colposo e lesioni multiple colpose. Gli altri due condannati sono Bruno Di Tommaso, gestore dell’albergo e amministratore e legale responsabile della società “Gran Sasso Resort & SPA” e Giuseppe Gatto, redattore della relazione tecnica allegata alla richiesta della ‘Gran Sasso spa’ di intervenire su tettoie e verande dell’hotel: entrambi sono stati condannati a sei mesi di reclusione per falso.

Assolti invece l’ex prefetto di Pescara, Francesco Provolo, l’ex presidente della Provincia di Pescara, Antonio Di Marco; il tecnico comunale di Farindola, Enrico Colangeli; i dirigenti della Regione Abruzzo Carlo Giovani, Carlo Visca, Pierluigi Caputi, Emidio Primavera; gli ex sindaci di Farindola, Massimiliano Giancaterino, e Antonio De Vico; il dirigente regionale Antonio Sorgi; Sabatino Belmaggio, dal 2010 al 2016
responsabile dell’ufficio Rischio valanghe della Regione Abruzzo; Andrea Marrone, consulente incaricato da Di Tommaso per adempiere le prescrizioni in materia di prevenzione infortuni; Luciano Sbaraglia, tecnico geologo; il comandante della Polizia Provinciale di Pescara Giulio Honorati; il tecnico Tino Chiappino; l’ex capo di gabinetto della Prefettura di Pescara Leonardo Bianco; la dirigente della Prefettura Ida De Cesaris; l’imprenditore Paolo Del Rosso; il dirigente del Servizio prevenzione rischi e coordinatore del Coreneva dal 2001 al 2013, Vincenzo Antenucci; la Società Gran Sasso Resort & Spa srl; i vice prefetti Salvatore Angieri e Sergio Mazzia.
Assolti anche i dirigenti della Prefettura Giancarlo Verzella, Giulia Pontrandolfo e Daniela Acquaviva accusati di depistaggio per l’occultamento del brogliaccio delle segnalazioni del 18 gennaio alla Mobile di Pescara.

Tra 90 giorni sarà possibile conoscere nei dettagli la sentenza e le sue motivazioni: cancellato, di fatto, il reato di disastro colposo.

Momenti di fortissima tensione un istante dopo la lettura della sentenza: lacrime e urla in aula. In particolare il papà di Feniello è stato fermato a forza e portato fuori tra le sue urla di ingiustizia. Il giudice Sarandrea è rimasto in aula per diversi minuti aspettando il momento opportuno per uscire in sicurezza.

“Giudice, non finisce qui”. È la minaccia rivolta al giudice Sarandrea da un superstite della tragedia di Rigopiano, Giampaolo Matrone, 39 anni di Monterotondo – che sotto la valanga perse la moglie Valentina Cicioni, infermiera al Gemelli – subito dopo la lettura della sentenza in cui la maggioranza degli imputati è stata assolta. Matrone è stato poi allontanato dall’aula dalle forze dell’ordine.

“Questi qui hanno una discarica al posto del cuore! Speriamo nell’appello, ma se questo è l’andazzo non spero più niente, devo solo salvagardare la mia vita per portare avanti il nome di mia figlia”. Così, pochi istanti dopo la lettura della sentenza, il padre di Jessica Tinari, morta nel resort di Farindola a 24 anni insieme al fidanzato Marco Tanda. “Noi pretendiamo rispetto dalle istituzioni, paghiamo con le nostre tasse i loro lauti stipendi e questi delinquenti ci trattano in questo modo. Meglio che stia zitto, sennò non so cosa posso dire” conclude allontanandosi tra le lacrime. Urla in aula Francesco D’Angelo, fratello di Gabriele D’Angelo, cameriere dell’hotel, morto nel crollo. “Sei anni buttati qua dentro! Per fare che? Tutti assolti, il fatto non sussiste! Quattro minuti di chiamata! Chi ha chiamato mio fratello? Chi ha chiamato?” urla disperato ricordando le telefonate di Gabriele dirette verso la Prefettura la mattina del 18 gennaio 2017. D’Angelo, alle 11.38, circa cinque ore prima della valanga, chiamò il Centro coordinamento soccorsi della prefettura per chiedere di liberare la strada e consentire agli ospiti dell’hotel di lasciare la struttura.

“Il mio pensiero va ad Alessandro, che lavorava lì dopo aver fatto tanti sacrifici, e alle altre ventotto persone scomparse in un modo così drammatico. Penso che non è giusto, perché lì con mio figlio c’erano tanti altri giovani che stavano costruendo la proprie vite con fatica, impegno e tante speranze”: Antonella Maria Pastorelli, madre di Alessandro Riccetti, trentatreenne di Terni morto nella strage dell’hotel Rigopiano. “Che penso di questa sentenza? Che è una vergogna”.

“Un ‘Rigopiano bis’ non sarà mai possibile, la Procura può ricorrere in appello, noi come parti civili possiamo fare solo un appello ai fini civilistici. Ma tutto questo discorso non si può fare oggi, dobbiamo attendere 90 giorni per il deposito delle motivazioni per capire bene quali motivi, di fatto e di diritto, sorreggono le condanne e le assoluzioni”: lo ha dichiarato l’avvocato Wania Della Vigna.

“Non è il momento dei commenti: dobbiamo leggere il dispositivo”. Così il pm Giuseppe Bellelli pochi istanti dopo il pronunciamento della sentenza. “Attenderemo le valutazioni della sentenza per valutare il ricorso all’Appello. Ciò che emerge chiaramente è che è stato cancellato il reato di disastro colposo”.

Dal processo escono secondo la sentenza anche completamente le responsabilità della Prefettura e della Regione in capo ai soccorsi e ai presunti depistaggi.

La condanna più pesante, 12 anni, era stata chiesta per l’ex prefetto Francesco Provolo; tra le altre richieste di condanna gli 11 anni e 4 mesi chiesti per il sindaco, in carica, di Farindola, Ilario Lacchetta, i sette anni e otto mesi per il gestore dell’hotel Bruno Di Tommaso, i sei anni per l’ex presidente della Provincia Antonio Di Marco. Sul fronte del depistaggio in Prefettura, 2 anni e 8 mesi per Daniela Acquaviva e Giulia Pontrandolfo; due anni per Giancarlo Verzella.

Le accuse a carico dell’allora prefetto Provolo, per il quale era stata chiesta una condanna a 12 anni, erano: frode in processo penale e depistaggio, omissione di atti d’ufficio, falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici, morte o lesioni come conseguenza di altro delitto, omicidio colposo, lesioni personali colpose. Omicidio colposo e lesioni personali colpose erano i reati contestati all’allora presidente della Provincia di Pescara Di Marco e al sindaco di Farindola Lacchetta, quest’ultimo accusato anche di disastro colposo.

Ad oltre sei anni dalla tragedia,  dopo 1.318 giorni dalla prima udienza del 16 luglio 2019, ben 15 rinvii e le aule separate in piena emergenza Covid, è arrivata la sentenza di primo grado al processo per la valanga sull’Hotel Rigopiano: sentenza di assoluzione per 27 dei 30 imputati ammessi al rito abbreviato.

Era il pomeriggio del 18 gennaio del 2017 quando migliaia di metri cubi di neve spazzarono via la struttura, ma soprattutto 29 vite umane. Muoiono sotto le macerie : Jessica Tinari (24 anni), Marinella Colangeli (32 anni), gestiva la spa dell’albergo, Roberto Del Rosso, proprietario e gestore dell’hotel Rigopiano di 53 anni, Cecilia Martella (24enne), Ilaria Di Biase (22enne), impegnata come cuoca, Piero Di Pietro (54enne), Marco Vagnarelli (44enne) e Paola Tomassini (46enne), Alessandro Riccetti (33enne), Luciano Caporale (54enne) e Silvana Angelucci (46enne), Stefano Feniello (28enne), Marco Tanda (25 anni), Marina Serraiocco (38 anni) e Domenico Di Michelangelo (41 anni), Emanuele Bonifazi (31 anni), Luana Biferi (30 anni), Sara Angelozzi (40 anni) e Claudio Baldini (40 anni), Linda Salzetta (31enne), Gabriele D’Angelo (32enne), Nadia Acconciamessa (47enne), Alessandro Giancaterino (42enne), Valentina Cicioni (33 anni), Dame Faye (42enne), Foresta Tobia (59 anni) e Bianca Iudicone (50 anni ), Sebastiano Di Carlo (49 enne), Rosa Barbara Nobilio (51 anni ).

Alla sbarra esponenti politici, funzionari, dirigenti prefettizi e i gestori dell’Hotel, per ipotesi di reato che vanno dal disastro colposo, omicidio plurimo colposo, lesioni plurime colpose, falso ed anche depistaggio ed abuso edilizio. Il Procuratore Giuseppe Bellelli nella sua requisitoria ha auspicato “una sentenza che in nome della Costituzione e del Popolo Italiano affermi il modello di Amministratore Pubblico che aveva il dovere di prevedere il peggio ed evitare la tragedia”.

 

 

Un grande striscione all’ingresso del Tribunale di Pescara nel ricordo delle 29 vittime dell’Hotel Rigopiano è comparso questa mattina presto, nel tanto atteso giorno della sentenza di primo grado. Tutti presenti i parenti delle vittime ed anche diversi superstiti tra cui Giampiero Matrone ed il cuoco Giampiero Parete il primo che diede l’allarme quel pomeriggio del 18 gennaio 2017.

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