Processo tragedia Rigopiano: il peso di depistaggi e ritardi. Richieste di condanna per i 30 imputati

Al Tribunale di Pescara si è conclusa la requisitoria dei Pm per il processo della tragedia di Rigopiano: richiesta di condanna per i 30 imputati. Spiccano i 15 anni e 4 mesi per il sindaco di Farindola Lacchetta, 6 anni per l’ex presidente della Provincia Di Marco e 12 anni per l’ex prefetto Provolo

Queste le richieste di condanna dei procuratori di Pescara Giuseppe Bellelli, Andrea Papalia e Anna Benigni per gli imputati al processo – accuse di omicidio, disastro colposo e lesioni – per i 29 morti causati dalla valanga che il 18 gennaio 2017 travolse il resort di Rigopiano: per l’ex Prefetto Francesco Provolo 12 anni, per i dirigenti della Prefettura Leonardo Bianco 8 anni, Ida De Cesaris 9 anni. Per il sindaco Ilario Lacchetta sono stati chiesti 11 anni e 4 mesi come per il dirigente comunale Enrico Colangeli; per i dirigenti della Provincia di Pescara Paolo D’Incecco e Maurio Di Blasio 10 anni, mentre per l’ex presidente Antonio Di Marco la richiesta è stata di 6 anni. Per i dirigenti regionali Carlo Giovani, Pierluigi Caputi, Emidio Primavera, Sabatino Belmaggio, Carlo Visca 5 anni, 7 per Vincenzo Antenucci. Per gli ex sindaci del comune di Farindola Massimiliano Giancaterino e Antonio De Vico 6 anni, per Bruno Di Tommaso gestore dell’hotel 7 anni e 8 mesi; pene di 4 anni per il geologo Luciano Sbaraglia, 4 anni anche per i dirigenti provinciali Giulio Honorati, 3 per Tino Chiappino, 2 per Andrea Marrone, poi un anno per il tecnico Giuseppe Gatto. Sul fronte del depistaggio in Prefettura 2 anni e 8 mesi per Daniela Acquaviva e Giulia Pontrandolfo, 2 anni per Giancarlo Verzella. Chiesta l’assoluzione per Antonio Sorgi (prescrizione) e i funzionari della Prefettura Salvatore Angieri e Sergio Mazzia. Per la Gran Sasso Resort la richiesta è di 200 mila euro, e si ritiene prescritto quindi da assolvere l’imprenditore Paolo Del Rosso.

Nel corso del suo intervento il Pm Andrea Papalia ha stigmatizzato i ritardi nell’apertura della Sala operativa e del Centro coordinamento soccorsi (CCS). Bellelli ha incentrato la parte più importante del suo intervento sui depistaggi.

“Dalle acquisizioni documentali fatte nell’ambito delle indagini immediatamente avviate subito dopo la tragedia abbiamo rintracciato due note prefettizie. Una con data 16 gennaio 2017, a firma del capo gabinetto Bianco, inviata alla presidenza del Consiglio dei Ministri, al ministero dell’Interno e per conoscenza al presidente della Regione Abruzzo e alla Sala operativa della Protezione civile regionale; l’altra con data 17
gennaio, a firma del prefetto di Pescara Provolo, inviata alla presidenza del Consiglio dei Ministri e al ministero dell’Interno. In queste note, inviate a seguito dell’allerta meteo, veniva rappresentata dalla Prefettura l’avvenuta attivazione, a partire dalla mattina del 16 gennaio, alle ore 9, della Sala operativa provinciale di Protezione civile e del Centro coordinamento soccorsi”.

“Nella nota del 17 gennaio, a firma del prefetto Provolo, si conferma l’apertura della Sala operativa e del Centro coordinamento. Le indagini e le risultanze investigative – ha detto inoltre il Pm Andrea Papalia
– hanno dimostrato in modo chiaro la falsità delle circostanze rappresentate in queste note, che erano finalizzate evidentemente ad attribuire alla Prefettura una apparente tempestività e capacità di intervento nell’emergenza”. “In realtà il Centro coordinamento soccorsi e la Sala operativa erano state aperte il 16 gennaio 2017 solo sulla carta, perché l’effettivo insediamento si verificherà il 18 gennaio mattina. La nota era quindi strumentale”, conclude Papalia. Secondo il pm, una attivazione tempestiva della Sala operativa e del Centro Coordinamento Soccorsi avrebbe portato all’espletamento di varie attività in modo da evitare la tragedia.

“Parliamo di depistaggio ma non ci sono grandi misteri oggi da svelare. C’era l’inefficienza grave della Prefettura, non ci sono grandi depistaggi italiani: non c’è un anarchico che cade dal balcone della Questura, non ci sono tracce scomparse dal cielo di Ustica, non c’è una agenda rossa trafugata. Parliamo di un prefetto di provincia che lascia cadere nel vuoto una richiesta di aiuto”. È stato questo uno dei passaggi più importanti della requisitoria del procuratore Bellelli, che si è soffermato sulla vicenda del depistaggio che vede imputati tra gli altri l’ex prefetto di Pescara Francesco Provolo. Bellelli ha incentrato la parte più importante del suo intervento sui depistaggi.