La Corte di Cassazione ha confermato la decisione della Corte d’Appello dell’Aquila riconoscendo i benefici previdenziali al figlio di un militare abruzzese vittima dell’uranio impoverito
Nel dibattito di grande attualità sull’uranio impoverito si inserisce un pronunciamento destinato a fare giurisprudenza: la Corte di Cassazione ha confermato la decisione della Corte d’Appello dell’Aquila riconoscendo i benefici previdenziali all’orfano del colonnello abruzzese Raffaele Acquaviva, vittima del dovere.
Il colonnello Raffaele Acquafredda, ufficiale dell’Esercito Italiano, è morto a 50 anni, nel 2012, per un tumore al rene causato dall’esposizione prolungata a radiazioni e agenti cancerogeni durante le missioni. In particolare, è stato vittima della contaminazione da proiettili all’uranio impoverito, nonché dell’inalazione di fibre di amianto e polveri tossiche in contesti operativi ad alto rischio.
Il colonnello Acquafredda ha partecipato a diverse missioni internazionali: è stato Ufficiale addetto presso la Brigata Multinazionale Nord a Sarajevo dal 14 giugno al 4 luglio 1999, e successivamente impiegato nell’ambito dell’operazione “Joint Guardian” in Kosovo, dal 29 novembre 2000 al 3 marzo 2001, come addetto all’artiglieria terrestre.
Il Ministero della Difesa aveva inizialmente riconosciuto il diritto solo alla vedova e alla figlia del colonnello abruzzese, escludendo il figlio perché, dopo la morte del padre, aveva iniziato a lavorare. Ma oggi la Suprema Corte ha stabilito che non è il reddito annuale a fare prova del carico fiscale, ma la condizione effettiva al momento del decesso. Si chiude così una lunga battaglia legale.
“Dopo anni di processo, siamo riusciti a ribaltare l’originario rigetto, poi confermato in Appello, basato sul presunto mancato carico fiscale del figlio – afferma il presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto, l’avvocato Ezio Bonanni, legale della famiglia – Ma abbiamo dimostrato che, al momento del decesso del padre, il giovane era ancora studente universitario e ha iniziato a lavorare solo dopo la tragedia, per necessità. Un principio innovativo, oggi finalmente riconosciuto anche in Cassazione. È stata una battaglia titanica contro la ferma opposizione del Ministero. Questa sentenza fa giurisprudenza”.
Bonanni lancia anche un appello al ministro Guido Crosetto, affinché “l’Avvocatura dello Stato cessi ogni ostilità nei confronti degli orfani di chi ha servito il Paese con dedizione fino al sacrificio estremo”. Nel frattempo, restano aperti due ulteriori filoni giudiziari: un ricorso al Tar per il risarcimento dei danni subiti dal colonnello Acquafredda e un’azione civile per i danni morali e materiali subiti dai suoi familiari.
DI SEGUITO ALCUNE NOTE SULL’URANIO IMPOVERITO TRATTE DAL SITO DELL’OSSERVATORIO NAZIONALE AMIANTO:
L’uranio impoverito è costituito dagli scarti derivanti dal processo di arricchimento dell’uranio elemento. Quasi tutto il materiale avanzato è composto dall’isotopo 238, meno radioattivo, determinando così la produzione di uranio radioattivo, che viene impiegato principalmente nell’industria civile e in quella bellica.
L’uranio, come tutti i metalli pesanti, è tossico e tende ad accumularsi nel nostro organismo. Questo accade, principalmente, quando l’uranio elemento brucia, polverizzandosi e sprigionando moltissime particelle che si disperdono nell’ambiente.
L’uranio impoverito è radioattivo e, quindi, provoca effetti citotossici, carcinogeni e teratogeni. Nel corso degli ultimi anni, questo potente cancerogeno ha causato circa 400 decessi e più di 4000 casi di malattie per causa di servizio. Già all’epoca dei conflitti nel Golfo e nei Balcani, erano presenti conoscenze scientifiche sulla pericolosità degli armamenti all’uranio impoverito.
Si deve, inoltre, tener conto della distruzione dei numerosi edifici costruiti con amianto e con componenti in amianto durante i conflitti, con conseguente aerodispersione di polveri e fibre di amianto e nanoparticelle, che sono state inalate dai militari causando altre patologie tumorali.