Tragedia Rigopiano, ripreso il processo con rito abbreviato

E’ ripreso stamani in Tribunale a Pescara il processo con il rito abbreviato davanti al gup Gianluca Sarandrea sulla tragedia di Rigopiano

Nel disastro persero la vita 29 persone ospiti del resort di Farindola travolte dalla valanga del 18 gennaio del 2017, 11 quelle che riuscirono a salvarsi. Stamani si è entrati nella fase calda della discussione, ovvero quella che i parenti delle vittime attendono da circa sei anni. Chiedono giustizia per i loro cari.

“Quella strada è diventata una trappola. È come se un gestore di una discoteca facesse entrate tutti, sbarra le porte poi scoppia un incendio. La provinciale n.8 per Rigopiano era l’unica via di fuga”. Per il pm Anna Benigni la ricostruzione delle vicende sulla pulizia della strada per il resort di Farindola è uno dei punti cruciali della tragedia del 18 gennaio 2017. Nella sua requisitoria ha puntato il dito sulla perfetta conoscenza di una situazione meteo “non paragonabile con quella ben conosciuta del 2015 nella stessa Rigopiano, allerta meteo di cui erano
consapevoli in Provincia di Pescara”. Il pm ha ricordato come i dirigenti provinciali fossero a conoscenza della rottura dell’unica turbina spazzaneve disponibile in zona, come pure della mancanza di richieste per sostituirla, magari con un mezzo dell’Anas. “La Provincia sapeva che senza una turbina quella strada non avrebbe potuto essere liberata – ha detto Benigni – eppure nulla viene fatto. Quando al mattino i clienti vengono colti da paura per la scossa di terremoto niente viene fatto. Abbiamo chat che ci fanno capire come lassù fosse tutto bianco,
un muro bianco, che era impossibile vedere i confini di nulla”. Ma per l’accusa la vicenda della strada si collega con i comportamenti del sindaco di Farindola, Lacchetta, il quale “già dal 15 gennaio sa, sta nei suoi messaggi sulla chat tra Provincia e sindaci, che le ‘previsioni sono catastrofiche’, addirittura chiude le scuole, ma poi si attiva per chiedere alla Provincia di pulire la strada il 17 gennaio per portare i clienti su in hotel. E ringrazia poi il presidente della Provincia Di Marco”.

Oggi per la prima volta in aula, dopo oltre due anni di processo, sono stati fatti tutti i nomi delle vittime della tragedia di Rigopiano e mostrati anche i loro volti. E’ stata il sostituto procuratore Anna Benigni durante la sua requisitoria a colmare la lacuna, causata dalla formula processuale del rito abbreviato, durante il quale si saltano alcuni passaggi e non viene ricostruita l’intera vicenda, lasciandola quindi alle conclusioni dell’accusa. Tra i numerosi parenti delle 29 vittime tanta commozione: “E’ come se ci fossimo riappropriati del processo, ci ha molto colpito il gesto non scontato del pm, ci ha fatto piacere in qualche modo”, hanno dichiarato a freddo i parenti che come sempre partecipano alle udienze con la pettorina bianca che ricorda a sua volta i nomi di tutti e che in ognuna porta stampato il volto del parente deceduto.

Le responsabilità dei dirigenti del Comune di Farindola e della Provincia di Pescara sono stati descritti dal pm Anna Benigni durante la requisitoria come omissivi di molti fattori. In sostanza al sindaco Lacchetta e ai dirigenti comunali è stato contestato di non aver contrastato il rischio valanga a fronte di una specifica normativa neutralizzando le fonti di pericolo: se così fosse stato non sarebbe avvenuto il disastro.
Nello specifico non fu attivata la Commissione valanghe del Comune, non fu messo in pratica il Piano Emergenze, e gli strumenti urbanistici preventivi quali interventi antivalanghivi con delle barriere protettive. Non solo: avrebbero dovuto attivarsi per lo sgombero dell’hotel dopo l’ordinanza di chiusura delle scuole del territorio e non invece, come fece il sindaco Lacchetta, accompagnare gli ospiti nel resort la sera prima.
Nel caso della Provincia le omissioni riguardano specificatamente la strada provinciale n.8: in primis per non aver monitorato le condizioni della strada stessa, perchè se fosse stata libera dalla neve gli ospiti dell’hotel avrebbero avuto la possibilità di lasciarlo dopo le scosse di terremoto. A ciò si aggiunge non aver provveduto a sostituire la turbina rotta, la quale già avrebbe potuto essere messa in campo alle
ore 7 del mattino della tragedia, e avrebbe forse evitato le morti, e non aver chiuso la strada con la conseguente dichiarazione di inagibilità dell’hotel che avrebbe imposto l’evacuazione.
A ciò si aggiunge che tutti gli indagati entrano nella storia processuale per essere in qualche modo investiti di responsabilità legate alla Protezione Civile e che le condizioni della strada erano di competenza della Provincia.

“Si tratta del fallimento di un intero sistema: l’omessa pianificazione territoriale di una Legge del 1992. La Carta valanghe era un compito che spettava ai dirigenti della Regione Abruzzo, e quell’idea tempestiva e lungimirante è rimasta una buona intenzione senza risultati. Si è trattato di un ritardo inaccettabile”. E’ il sostituto procuratore Andrea Papalia che durante la sua requisitoria per il processo sulla strage di Rigopiano, attacca le responsabilità delle strutture regionali. “Da questo ritardo si deve partire, perchè di questa responsabilità si deve rispondere penalmente”, ha poi rimarcato Papalia.

 

“Il dolore che tutti hanno provato di fronte a questa tragedia è stato il motore di questo ufficio, e a questo dolore vogliamo dare una risposta”. È uno dei passaggi della requisitoria del sostituto procuratore Anna Benigni che ha aperto la fase dibattimentale del processo sulla
tragedia di Rigopiano, in corso al tribunale di Pescara. “Non sempre gli enti hanno a cura l’incolumità o l’interesse collettivo – ha successivamente detto il pm citando anche le vicende di Sarno e Genova – Comune o Prefettura, per esempio, avrebbero dovuto fare il loro dovere o impedendo la costruzione dell’hotel o evacuando la struttura, così come l’unica strada disponibile avrebbe dovuto essere pulita e questa era l’ultima possibilità di salvare le persone dell’hotel di Rigopiano”. Il pm Benigni, in apertura, ha ricordato le 29 vittime e le loro storie, proiettando in aula delle slide con i loro volti.

“L’episodio di Rigopiano è all’interno di un periodo di forti perturbazioni, di un maltempo notevole. I due episodi di maltempo di quel gennaio 2017 furono correttamente comunicati agli enti preposti dagli organi competenti, non ci sono dubbi. Il sistema di allerta meteo ha
funzionato”. È uno dei passaggi della requisitoria iniziale della Procura di Pescara, quella che in aula sta tenendo il sostituto Anna Benigni, il cui compito, in questa fase, è quello di riepilogare i fatti accaduti intorno al 18 gennaio 2017. E quindi, ha insistito Benigni, “è specifico compito del sindaco di Farindola (Ilario Lacchetta ndr) controllare il bollettino Meteomont”. Il passaggio sulle responsabilità del Comune, con le rassicurazioni per gli interessi dell’hotel, ha portato poi la pm a ricostruire i rapporti tra Comune e Provincia di Pescara in quelle ore ed estendere le responsabilità ai dirigenti provinciali.

Numerose le ipotesi di reato contestate ai 30 imputati che devono rispondere a vario titolo di disastro colposo, omicidio e lesioni plurime colpose, abusi edilizi, falso, oltre al depistaggio. Un imponente lavoro per i tre magistrati che si alterneranno nella discussione, il procuratore Giuseppe Bellelli e i sostituti Andrea Papalia e Anna Benigni. Subito dopo Papalia affronterà le questioni legate ai dirigenti e funzionari della Regione Abruzzo sulla mancata realizzazione della carta pericolo valanghe. Infine sarà esaminato il il ruolo determinante riservato dalla legge alla Prefettura, riguardo all’emergenza e al come sia stata o meno affrontata dal prefetto Francesco Provolo e dai suoi collaboratori più stretti.