Appuntamento domani in Corte d’Appello a Perugia per una nuova, l’ennesima, puntata dell’interminabile processo per la tragedia dell’Hotel il Vate a Rigopiano avvenuta nel gennaio del 2017.
I giudici di Cassazione, lo scorso 3 dicembre, hanno fornito nuovi e interessanti risvolti a un processo che in primo e secondo grado non aveva indicato specifiche responsabilità in capo agli oltre 20 imputati, scatenando le ire dei parenti delle 29 vittime, ma soprattutto tenendo fuori l’ipotesi di reato più grave, il disastro colposo. Accogliendo parzialmente le richieste della procura generale, i giudici con l’ermellino hanno disposto un appello bis, puntando su un elemento sul quale, la Procura di Pescara e il Comitato parenti vittime di Rigopiano avevano, vanamente, cercato di attirare l’attenzione dei giudici, ovvero la mancata prevenzione su un sito chiaramente valanghivo. Come dire che, se fossero stati messe in campo le giuste contromisure, si sarebbe comportato il divieto di accedere a quell’hotel, oppure – hanno scritto i giudici nella motivazione pubblicata lo scorso marzo – imposto un uso disciplinato, limitato, per esempio, alle stagioni non invernali. In sostanza, la tanto sbandierata imponderabilità, da parte di molti legali degli imputati, non ha ragion d’essere. Da qui la decisione di mandare a processo, in Corte d’Appello a Perugia, quei dirigenti della Regione assolti in primo e secondo grado, per il reato di disastro colposo, Carlo Giovani, Carlo Visca, Sabatino Belmaggio, Vincenzo Antenucci, Emidio Primavera e Pierluigi Caputi. Sulla loro testa pesa la mancata attivazione della Carta di Localizzazione dei Pericoli da valanga. Tra le altre decisioni, prosciolto dall’accusa di depistaggio l’ex prefetto Francesco Provolo, sul quale resta la condanna per reati minori in via di prescrizione. Annullata la sentenza di condanna in secondo grado per l’ex sindaco di Farindola Ilario lacchetta, del tecnico comunale Enrico Colangeli e dei due funzionari della Provincia di Pescara Paolo D’Incecco e Mauro Di Blasio, disponendo un nuovo giudizio di appello per rivalutare le loro posizioni. Confermate tutte le altre assoluzioni, così come le condanne al gestore dell’albergo e al geometra che aveva redatto la relazione allegata al premesso di ristrutturazione, per il reato di falso ideologico:
“Non abbiamo particolari aspettative da questa nuova fase processuale – dice Marcello Martella componente del Comitato parenti delle vittime e padre di Cecilia Martella tra le 29 vittime della tragedia – continuiamo a portarci addosso questo grande dolore come se fosse il primo giorno. Sono passati, ormai, nove anni, certo la speranza non muore mai, ma non so sinceramente cosa potrebbe mai accadere.”
“E’ un’occasione per certi aspetti storica quella che ci hanno fornito i giudici di Cassazione – sottolinea Wania Della Vigna avvocato di parte civile per la sorella di Sara Angelozzi, tra le vittime della tragedia – perché con la loro decisione suggeriscono ai giudici di Perugia una road map precisa che non può non tener conto di quanto stabilito lo scorso dicembre a Roma, ovvero che si sarebbero dovvute prefigurare cautele anticipate per evitare quella tragedia, in particolare i giudici puntano il dito sulla mancata applicazione della Carta di Localizzazione Pericolo Valanghe.”
