Una storia agghiacciante quella che arriva da Sulmona. Prima la violentano e la filmano poi la ricattano: hanno 14 e 18 anni gli autori dell’incubo vissuto per mesi da una ragazzina di appena 12 anni. Per il 14enne l’accusa è di violenza sessuale aggravata e revenge porn. Blitz dei carabinieri di Sulmona nelle case dei due: sequestrati pc, tablet e cellulari
Il coraggio di raccontare ai propri genitori l’orrore subito sembrerebbe dal mese di gennaio, quindi la denuncia verso i suoi aguzzini: a Sulmona una ragazzina di appena 12 anni è stata più volte vittima di violenza sessuale da parte di un 14enne e di un 18enne. I due, oltre all’aggressione fisica, hanno ripreso e diffuso il video delle violenze su diversi gruppi Whatsapp. Indagati dalla Procura, su loro grava l’accusa di violenza sessuale aggravata.
Secondo quanto ricostruito, sarebbe stato proprio il racconto della giovane vittima ai propri genitori a far scattare le indagini che hanno portato anche alle perquisizioni in casa e al sequestro di materiale informatico dei due indagati. Un inferno iniziato a gennaio e andato avanti per mesi e mesi: alcuni atti sarebbero stati filmati dai due indagati. Una storia che sarebbe andata avanti da gennaio a luglio fino a quando la vittima ha raccontato tutto ai genitori, spiegando anche la presenza di video e foto che la ritraevano e che sono circolate su un gruppo di Whatsapp degli amici. Così i familiari si sono presentati nella caserma dei carabinieri di Sulmona.
Il sostituto procuratore Angela D’Egidio ha aperto un fascicolo d’inchiesta e ha iscritto sul registro degli indagati il 14enne, accusato di violenza sessuale in concorso e revenge porn, ovvero diffusione illecita di materiale a contento sessualmente esplicito senza il consenso della persona ritratta. Dal Tribunale per i minorenne è inoltre partita la segnalazione alla Procura di Sulmona che si sta occupando della posizione del 18enne, anche lui indagato per gli stessi reati. I magistrati hanno quindi emesso il decreto di perquisizione, eseguito dai carabinieri del nucleo operativo della compagnia di Sulmona: sequestrati pc, tablet, cellulari e tutto quanto utile alle indagini.
Proprio la vittima alla vista di un suo video a sfondo sessuale che girava nella chat di un gruppo WhatsApp ha trovato la forza, pur poco più che bambina, di raccontare tutto al padre e alla madre. I giovani avrebbero prima abusato della ragazzina e poi l’avrebbero ricattata con le foto e i video girati durante la violenza per ottenere altri incontri sessuali con loro e perché la ragazzina non parlasse.
La dodicenne sembra conoscesse i due ragazzi. La storia e i ricatti sarebbero andati avanti fino al luglio scorso, quando i filmati sarebbero finiti sulle chat di altri adolescenti. Ieri, sabato 13 settembre, c’è stato l’intervento dei carabinieri nelle abitazioni dei due indagati.
Stando a quanto ricostruito, i due, conoscenti della ragazzina, in concorso tra loro, l’avrebbero costretta a compiere e subire atti sessuali, in luoghi privati e comuni. Prima di approcciare con la vittima, avevano chiesto alla ragazza di inviare file video delle parti intime. Da lì sarebbe partito il ricatto.
I militari vogliono verificare sia la provenienza del materiale visivo sia chi ne ha avuto accesso. L’indagine quindi potrebbe allargarsi con una contestazione anche nei confronti di chi ha divulgato o visto i video. Al momento c’è un fascicolo al Tribunale dei minori e presso la Procura della Repubblica di Sulmona per il reato di violenza sessuale aggravata.
Sulla vicenda la segreteria regionale PD Abruzzo e la Conferenza delle Donne Dem hanno diffuso una nota stampa:
“Il caso di presunta violenza che arriva da Sulmona e su cui aspettiamo i chiarimenti che emergeranno dal grande lavoro di indagine da parte degli organi inquirenti, se confermato chiama in causa le istituzioni: non possiamo limitarci alla solidarietà e alla condanna, dobbiamo lavorare insieme sulla prevenzione e sulle responsabilità. Il fatto che una violenza così brutale possa essere stata non solo agita, ma addirittura filmata e condivisa, ci mette davanti a una verità drammatica: in Abruzzo, come nel resto d’Italia, manca un investimento serio nell’educazione al rispetto e alla parità. Non possiamo permettere che tutto venga ricondotto genericamente al “disagio sociale”, perché qui si parla anche di un dolore trasformato in contenuto da social. Per questo è tempo che la Regione dia un segno forte, con una legge che sensibilizzi e agisca sull’educazione, come avevamo proposto nel 2023 insieme al Gruppo regionale e ai Giovani Democratici, disegno di legge che i nostri consiglieri hanno ripresentato perché venga iscritta al primo Consiglio in programma. Un’occasione per lavorarci insieme, subito. – scrivono il segretario regionale del PD Daniele Marinelli e la portavoce della Conferenza delle Donne Dem Roberta Tomasi -La Regione Abruzzo deve guidare un impegno educativo sistematico nelle scuole e nei territori, per questo ci appelliamo al Consiglio perché voti la nostra proposta di legge per rendere strutturali e permanenti i percorsi di educazione al rispetto e contro la violenza di genere nelle scuole e nelle università. Non è più rinviabile. I dati parlano chiaro: siamo di fronte a una escalation di episodi sempre più crudeli, casi anche nella nostra regione. Abbiamo bisogno di una nuova cultura: di prevenzione, di responsabilità condivisa, di sostegno concreto alle famiglie e alle scuole. È assurdo che, nonostante le tante tragedie che ci hanno toccato, l’Abruzzo non abbia ancora promosso un piano regionale strutturato sulla parità e contro la violenza di genere. Questo non è un tema di parte, è una sfida che riguarda tutti. Senza un’azione comune, rischiamo di perdere gli argini di civiltà che ci tengono insieme. Restituire centralità al rispetto, alla dignità e all’educazione è oggi un dovere collettivo”.
Anche la vicepresidente del Consiglio regionale Marianna Scoccia è intervenuta sul caso drammatico avvenuto a Sulmona:
“Non mi limiterò a commentare, ma porterò la questione all’interno del Consiglio regionale, perché l’Abruzzo si faccia promotore di un piano strutturale e continuativo che coinvolga scuole, famiglie e territori. Pretenderò che diventi una priorità nell’agenda politica regionale. Come sindaco e come vicepresidente del Consiglio regionale sento la responsabilità di trasformare l’indignazione in azione. La repressione da sola non basta. Serve un intervento strutturale, che passi dalle scuole con programmi obbligatori di educazione al rispetto, all’affettività, all’uso consapevole dei social. Non più progetti spot, ma una linea chiara e continuativa da assumere a livello istituzionale”.