Dall’ultimo rapporto nazionale della Caritas, diffuso ieri, emerge che in Italia la povertà è diventata strutturale e che gli indigenti sono anche tra i lavoratori. Al Tg8 alcune storie raccolte tra gli assistiti dalla diocesi Chieti Vasto e dalla Capanna di Betlemme
In Italia la povertà aumenta, affermandosi ormai come un fenomeno strutturale. Dal 2021 al 2022 i poveri assoluti sono aumentati di 357mila unità, attestandosi ora a quota 5 milioni 674 mila. È quanto è emerso dalla ventisettesima edizione del rapporto della Caritas Italiana su povertà ed esclusione sociale. A quasi trent’anni dalla prima uscita del dossier, il fenomeno della povertà presenta connotati completamente diversi. Infatti, oltre ai 5,6 milioni di poveri assoluti, c’è anche una enorme fetta di persone “diventate” povere pur lavorando.
In pratica in Italia un residente su dieci oggi non ha accesso a un livello di vita dignitoso. È un fenomeno ormai strutturale e non più residuale come era in passato.
La presenza di oltre 2,1 milioni di famiglie povere è una sconfitta per chi ne è direttamente coinvolto, ma anche per l’intera società, che deve fare i conti con la perdita di capitale umano, sociale, relazionale.
I dati Eurostat riportati nel rapporto della Caritas italiani denunciano che i poveri assoluti nel 2022 sono saliti da 5 milioni 317 mila a 5 milioni 674 mila (+ 357mila unità). L’incidenza è passata dal 9,1% al 9,7%. Se si considerano i nuclei, si contano 2 milioni 187mila famiglie in povertà assoluta, a fronte dei 2 milioni 22mila famiglie del 2021 (+165mila nuclei).
È evidente anche lo svantaggio del Mezzogiorno che si fa sempre più marcato. Rispetto alla tipologia del comune di residenza, lo stato di deprivazione tende oggi ad aumentare al diminuire della dimensione dei Comuni; l’incidenza infatti risulta più elevata proprio nei piccoli Comuni con meno di 50mila abitanti: 8,8% a fronte del 7,7% delle aree metropolitane. Da un anno all’altro peggiora in particolare la condizione dei piccoli comuni del Nord Italia (dal 6,9% all’8,1%). L’Italia risulta essere il Paese in Europa in cui la trasmissione inter-generazionale delle condizioni di vita sfavorevoli risulta più intensa. Chi nasce povero molto probabilmente lo rimarrà anche da adulto.
”Questo – annota il Rapporto CARITAS – costituisce un’alterazione dei principi di uguaglianza su cui si fondano le nostre democrazie occidentali. Rispetto a questo punto perde anche la nostra Costituzione repubblicana, e in particolare l’articolo 3, che continua a restare inapplicato”.
Chi sono i lavoratori poveri? Lavoratori in nero, in grigio, part time forzati, con contratti regolari, ma tutti con salari inadeguati secondo il nuovo Rapporto Caritas sulla povertà in Italia, presentato ieri a Roma.
Spesso, i lavoratori poveri intervistati hanno raccontato di avere iniziato a lavorare prestissimo e con molteplici mansioni e di tipologie di lavoro. Le principali preoccupazioni dei lavoratori poveri riguardano innanzitutto i figli, ai quali spesso non riescono a garantire i beni primari (i materiali scolastici, i vestiti o gli alimenti); anche la famiglia e la relazione di coppia soffrono, esposte ad una vita precaria che genera povertà e disagi. Preoccupano anche le spese per la casa (affitti, bollette, ecc.); la spesa alimentare: in alcuni casi i working poor riescono ad acquistare alimenti solo per due settimane al mese, poi vanno in sofferenza; la salute, la paura di star male, di aver bisogno di visite mediche specialistiche, il doversi trascurare, la difficoltà di curare i familiari ammalati; la difficoltà di immaginare un futuro diverso, di progettare, di sognare. Per completare il quadro emerso dall’ascolto dei working poor, è stato raccolto il punto di vista degli stakeholders del mondo del lavoro, secondo i quali il fenomeno del lavoro povero è dovuto a tre dimensioni principali: alla debolezza contrattuale (proliferazione dei CCNL, mancato rinnovo contrattuale, non solo retribuzione oraria, ecc.), alla trasformazione del mercato del lavoro (precarietà, terziarizzazione del mercato del lavoro, diminuzione delle ore lavorate, prevalenza delle nano-imprese, ecc.), ai comportamenti dei datori di lavoro e ai fenomeni storico-economici di sfondo (lavoro grigio, nero e irregolare, part-time involontario, aumento del costo della vita).
I dati CARITAS del primo semestre 2023, confrontati con quelli del primo semestre 2022, evidenziano un calo del numero di assistiti del 2,3% (dato che presenta una forte eterogeneità regionale), ma un deciso irrobustimento delle povertà croniche (+9,6% delle persone in carico da molti anni, in modo continuativo), mentre risulta in calo il numero dei nuovi ascolti (-7,2% delle persone ascoltate per la prima volta nel 2023). Inoltre si registrano sempre più richieste di aiuto da persone sole e divorziate e si rafforza la grave esclusione sociale e abitativa.
Come si è visto dunque dall’ultimo rapporto Caritas emerge una sutuazione difficile sia per i lavoratori poveri che per i poveri assoluti, ma esistono anche altre storie e altre vite, come per esempio quelle di riscatto dalla tossicodipendenza. Il servizio realizzato dal Tg8 ha raccolto alcune testimonianze toccanti, ma anche di speranza. Sono quelle rese da un gruppo di ex tossicodipendenti che portano avanti un progetto di coltivazione di terra, da chi è diventato volontario per aiutare gli altri, da una donna che ha perso il figlio due anni.