Riceviamo e pubblichiamo una riflessione dell’architetto Tommaso di Biase, ex assessore all’urbanistica al Comune di Pescara, sull’abbattimento del cementificio
La nota ha per titolo : “La bellezza tradita della periferia”.
<Alla fine, dopo anni di annunci e tentativi falliti, ci sono riusciti, l’ex Cementificio di Via Raiale è in corso di demolizione. Il Sindaco lo ha presentato in un video dedicato come se si stesse estirpando un tumore maligno dal corpo della città. Ha detto “…mi dispiace per coloro che in questo anno sono stati critici e hanno polemizzato” A me, e a tanti altri ‘critici, invece, dispiace per la città che perderà un’archeologia industriale che meritava di essere valorizzata. La sua demolizione è indegna di una città civile come Pescara. Per il Sindaco è “un momento storico”, per noi, al contrario, è “un momento tragico”, il Cementificio poteva essere salvato. Immaginato come un monumento del territorio, e non solo di Pescara. Salvato nella sua forma primaria, e immaginato e modificato per nuove funzioni, per dare un futuro diverso alla città.
Quello che invece ci viene proposto oggi dai nuovi proprietari, e di cui il Sindaco è a dir poco entusiasta, è l’ennesimo centro commerciale che, invece di essere il motore di una possibile rinascita della periferia ovest della città, sarà piuttosto il veicolo di nuovi problemi e nuove difficoltà. Le attività commerciali esistenti nel resto della città, ad esempio, risulteranno sempre meno attrattive ed economicamente penalizzate, assediate come sono da una miriade di strutture commerciali di ogni tipo realizzate nel tempo e diffuse nel cuore dell’area metropolitana. Con le conseguenze negative dello svuotamento progressivo della vita e delle relazioni sociali a Portanuova come nel centro della città. Altre luci si spegneranno e non potremo farci niente: la politica oggi è questa. Non è chiaro all’opinione pubblica, ma bisogna dirlo, che si tratta soprattutto della rinuncia o della incapacità dell’ente locale, e della politica che dovrebbe guidarla, ad avere un qualche ruolo propulsivo nel cambiamento possibile e auspicabile della città.
Mi chiedo quindi, e chiedo al vento, serve, e a chi, un altro mega centro commerciale, camuffato da “centro servizi al turismo”, in questa città? O servono fabbriche innovative di creatività imprenditoriale e culturale? Chi non ha visto, o non ha voluto vedere, la bellezza intrinseca e potenziale dell’ex Cementificio di Pescara dovrebbe fare un giro per le città europee (e italiane) dove le archeologie industriali di questo tipo sono state recuperate a nuova vita per funzioni aggregative e comunitarie, comprese quelle museali, artistiche e più in generale creative. Funzioni pubbliche che hanno fatto crescere economicamente, culturalmente e socialmente quelle stesse città. Funzioni pubbliche con ampie possibilità per tutte le idee, di singoli, di gruppi e di privati intraprendenti… ed era proprio questo l’obiettivo sociale ed economico del progetto sfumato di rigenerazione del Cementificio di Via Raiale di cui abbiamo parlato spesso in questi anni.
Ma Pescara è città di paradossi, si demolisce il cementificio, ma al suo interno cresce il cemento. Cresce senza alberi, senza verde e spazi pubblici, senza aree permeabili, consumando male il poco suolo di cui è dotata. Cresce senza un’idea. Che tristezza! A proposito, il Sindaco ha dichiarato che saranno rimossi “320 mila metri cubi di cemento, ferro e acciaio”. Lui sa come e dove verrà smaltito tutto questo cemento (ferro e acciaio), se si tratta di un rifiuto, com’e stato classificato dalle caratterizzazioni effettuate? Sa quanti metri cubi di nuovo cemento saranno necessari per costruire il cosiddetto “centro servizi al turismo? Inoltre, l’area sul fiume sarà bonificata, sistemata e donata al Comune insieme al centro ricreativo e sportivo su Via Raiale di fronte al Cementificio? O no?
P.S. Hanno fatto arrivare un escavatore gigante dalla Germania per demolire le imponenti strutture del cementificio. Eppure, non ci voleva molto ad immaginare un progetto che salvaguardasse le torri e parte degli impianti di lavorazione dell’opificio. La soluzione architettonica che ne sarebbe derivata sarebbe stata di gran lunga più bella e attraente di quella prescelta. Il Comune avrebbe potuto porre queste condizioni per approvare il progetto. La proprietà, risparmiando su gran parte dei costi di demolizione, ci avrebbe guadagnato; invece, il Comune si è guardato bene dall’esercitare le sue sacrosante prerogative istituzionali e la proprietà, incredibilmente, ha scelto di spendere svariati milioni di euro in più. Perché? Mistero.>
