Per Legambiente “smog e rete idrica colabrodo le questioni croniche in Abruzzo”

In Italia le città sono sempre più in affanno nel raggiungere performance ambientali sostenibili. La classifica dei 106 capoluoghi di provincia stilata da Ecosistema Urbano, il report annuale di Legambiente in collaborazione con Ambiente Italia e Il Sole 24 Ore, restituisce per il 2024 una fotografia in chiaroscuro. In Abruzzo c’è ancora molto da fare per la dispersione idrica, la qualità dell’aria e la raccolta differenziata

In Abruzzo la situazione non è incoraggiante. Nella classifica nazionale dei 106 capoluoghi di provincia Teramo si posiziona al 55° posto con il 54,99%; 59° posto per Chieti con il 54,29%; Pescara 71° posto con il 49,76%; L’Aquila 78° posto con il 47,86%.
Tra i dati negativi emerge quello relativo alla dispersione idrica con Chieti, Pescara e L’Aquila che superano il
25%. Qualità dell’aria insufficiente a Chieti e Teramo. L’Aquila e Pescara indietro nella raccolta differenziata
con rispettivamente il 55,9% e il 51,9%.

Ancora nessuna città italiana, dunque, raggiunge il punteggio del 100% e cala al 54,24% la media del punteggio raggiunta dai capoluoghi, registrando un -3,8% rispetto a due anni fa quando si attestava al 56,41%. Se si guarda ai singoli capoluoghi, nel 2024 sono Trento (79,78 %) e Mantova (78,74%) le uniche città a superare la soglia di 75
punti e a dominare la classifica di Ecosistema Urbano ottenendo rispettivamente il primo e secondo posto.
Trento torna sul gradino più alto (nel 2023 era seconda) rappresentando il meglio della vivibilità in città.
Mantova ottiene la medaglia d’argento risalendo la classifica di cinque posizioni (nel 2023 era 7 settimana),
grazie ad alcuni risultati negli indici più significativi come il calo dei consumi idrici e delle perdite idriche e la
raccolta differenziata che è all’84%.

“Dai capoluoghi di provincia abruzzesi – commenta il presidente di Legambiente Abruzzo Gianluca Casciato – non arrivano dati incoraggianti. Sono ancora troppi i problemi irrisolti a partire dalla mitigazione e
l’adattamento delle città agli impatti della crisi climatica. Il Paese ha bisogno di interventi normativi e
strumenti per facilitare una rigenerazione urbana adeguata alla sfida climatica a partire da una legge
nazionale che fermi il consumo di suolo che non è causato dal fotovoltaico a terra, oggi vietato per legge, ma
da altre infrastrutture. Occorre anche una consapevolezza tra gli amministratori locali che devono avere il
coraggio di rompere gli schemi, insieme a una nuova presa di coscienza nella cittadinanza che non si deve
opporre alle opere della transizione ecologica.
In Abruzzo nell’anno accademico 2023-2024, presso il Dipartimento di Architettura dell’Università G.
d’Annunzio di Chieti – Pescara è stato avviato il Laboratorio di Adattamento, all’interno del programma del
Corso di Laurea in Scienze dell’Habitat Sostenibile, esperienza didattica che chiude il ciclo triennale di studio
con la sperimentazione di strategie di adattamento in contesti urbani vulnerabili. Le prime due edizioni del
Laboratorio, 2023-24/2024-25, sono state dedicate alla rigenerazione di aree artigianali/industriali con
obiettivi di mitigazione e adattamento”.

Michele Manigrasso, responsabile del Laboratorio e Presidente del Comitato Tecnico-Scientifico di
Legambiente Abruzzo sottolinea che “le aree industriali e artigianali dismesse costituiscono oggi una delle
principali sfide della transizione ecologica, ma anche una risorsa strategica per la rigenerazione urbana e la
lotta al cambiamento climatico. Il caso di Pescara, approfondito nel Corso, rappresenta un esempio
emblematico: l’area artigianale, stretta tra i quartieri periferici, il fiume, l’Aeroporto d’Abruzzo e ampie zone
agricole, si presenta oggi come un territorio frammentato e in gran parte sottoutilizzato. Numerosi capannoni
abbandonati e l’ex cementificio dismesso testimoniano un passato produttivo ormai esaurito, mentre la vasta
impermeabilizzazione del suolo e la carenza di spazi verdi accentuano fenomeni di isola di calore e
vulnerabilità idrica.

 

Barbara Orsini: