No all’estrazione di gas dal lago di Bomba: domani la fiaccolata

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Amministratori, movimenti politici, associazioni e semplici cittadini domani in fiaccolata per dire No all’estrazione di gas dal Lago di Bomba

La fiaccolata è stata organizzata dall’amministrazione comunale e dal comitato Gestione Partecipata Territorio di Bomba ed è aperta a tutti. Domani, 27 dicembre, con ritrovo alle ore 16, si partirà dalla rotatoria di via Lago (uscita di Bomba della Fondovalle Sangro), si proseguirà fino alla piazza del paese e si concluderà nella sala del Museo etnografico.

Alla manifestazione di domani hanno già aderito: la Provincia di Chieti; i comuni di Altino, Archi, Atessa, Casoli, Colledimezzo, Monteferrante, Paglieta, Pennadomo, Perano, Pietraferrazzana, Pizzoferrato, Rocca San Giovanni, Tornareccio, Torricella Peligna, Vasto, Villa Santa Maria; i partiti Europa Verde, Avs Abruzzo, Giovani Dem Chieti, Movimento 5 Stelle Abruzzo, Pd Chieti, Sinistra Italiana Chieti e Ortona; i circoli e le associazioni Legambiente Green Lake, Geo Aps Atessa, Wwf Zona Frentana e Costa teatina, Wwf Abruzzo.

L’obiettivo è scandire un No forte e chiaro al progetto della LnEnergy che di recente ha ottenuto il parere favorevole del comitato Via Pniec, mentre si valuta l’eventuale ricorso al Tar dopo la pubblicazione del decreto definitivo.

Amministratori, partiti e associazioni aderenti esprimono ferma contrarietà al progetto e sollecitano interventi di sviluppo sull’idroelettrico.

La costruzione della diga di Bomba e la nascita del lago, secondo i manifestanti, hanno drammaticamente contribuito allo spopolamento dei centri del territorio” – dicono i promotori della manifestazione segnalando anche le numerose frane che si sono create durante i lavori di costruzione della diga, negli anni tra il 1955 e il 1969. Non solo:

“Il lato sinistro dell’opera, il Monte Tutoglio, ha avuto la necessità, non prevista, di essere rafforzata dall’infiltrazione di migliaia di tonnellate di cemento. Entrambe le sponde del lago sono caratterizzate dalla presenza di numerose frane, il cui stato è peggiorato negli ultimi decenni. Circa un decennio dopo c’è stato il passaggio della strada (Fondovalle Sangro, ndr) nella vallata e, contro il parere degli anziani del paese, è stato realizzato un grande viadotto nonostante si sapesse che in quell’area c’era una zona paludosa”.

Poco dopo il completamento del viadotto, il pilone centrale ha iniziato a sprofondare nel terreno. Per garantire la sicurezza, la parte centrale dell’opera venne poi abbattuta con la dinamite.

“Cos’altro deve succedere per convincersi che il nostro bel territorio è purtroppo molto fragile? – chiedono i cittadini di Bomba – Non tutti i tecnici, però, sono ottusi ed ostinati verso l’ambiente. Già dai primi anni ’60, infatti, si sarebbe potuto sfruttare anche il giacimento di gas naturale presente nella stessa zona. Dopo più di 30 anni di studi e di ricerche, i tecnici dell’Agip, nonostante le sollecitazioni del ministero dello Sviluppo economico, rinunciarono per i forti impatti ambientali, vista la pessima qualità del gas presente, e per gli enormi rischi idrogeologici, connessi alla instabilità del territorio. Tutto questo per la LnEnergy non conta niente!
Potevano evitare di chiedere un permesso di ricerca per ‘riscoprire’ un giacimento di cui si conosceva tutto, fin nei minimi dettagli, e le informazioni erano pubbliche e accessibili a tutti. L’istanza andava immediatamente rigettata perché lo Stato italiano si era già espresso su questo progetto e non si può far spendere energie e risorse alle nostre istituzioni, interrogandole più volte sulla stessa questione. A tutt’oggi la Valutazione degli impatti ambientali pubblicata non rileva approfondimenti in grado di rassicurare sui rischi idrogeologici storicamente denunciati. Il Comitato Pnrr-Pniec, infatti, evidenzia possibili ripercussioni negative sul territorio, ma si limita ad auspicare l’istituzione di un Osservatorio ambientale per monitorare gli impatti ambientali e le conseguenze sulla stabilità della diga del lago di Bomba e delle frane circostanti. La decisione assunta, poi, appare del tutto inadeguata rispetto alla criticità del caso e rappresenta l’esatto contrario dell’applicazione del principio di precauzione. L’istanza, inoltre, non poteva essere valutata dal Comitato Pniec, poiché non ha competenze sulle fasi di estrazione e raffinazione di idrocarburi che sono quelle più impattanti”.