‘Ndrangheta e narcotraffico: per Ballone si riaprono le porte del carcere dopo la condanna a 18 anni

Operazione dei carabinieri del Ros e del Comando provinciale di Reggio Calabria, con il supporto dei Comandi provinciali di Catanzaro, Pescara, Bologna, Brindisi e Roma. 23 gli arresti in carcere, disposti dal Tribunale di Reggio Calabria su richiesta della Dda, nei confronti di altrettante persone, già agli arresti domiciliari e imputate nel processo scaturito dall’operazione ‘Eureka’. Dopo quella del boss Bruzzaniti a 20 anni, la condanna più pesante è quella a 18 anni per Massimo Ballone ex capo della banda Battestini

Il 1° ottobre, il Tribunale di Reggio Calabria ha pronunciato, nel corso del rito abbreviato, la sentenza di condanna nei confronti di 83 imputati, condannandone 76 e assolvendone 7. Per 23 di questi, su richiesta della Dda, il gip ha emesso il provvedimento di aggravamento della misura cautelare, disponendo l’arresto in carcere. Per il pescarese Massimo Ballone, noto come capo della banda Battestini, condanna a 18 anni, tra le più alte. Ballone, 64 anni, lo scorso maggio era uscito dal carcere ottenendo i domiciliari.

L’inchiesta, scattata nel 2022, lo aveva identificato come l’uomo di fiducia delle cosche a Pescara, il terminale logistico e finanziario di un fiume di droga che dal Sudamerica inondava l’Europa. Il suo ruolo, secondo l’accusa, era quello del ragioniere: un ruolo meticoloso, lontano dai riflettori, ma fondamentale. Custodiva e stoccava ingenti partite di stupefacente, teneva la contabilità dei profitti e pagava i corrieri.

L’inchiesta – che ha toccato i livelli più alti dell’organizzazione criminale, permettendo anche di ricostruire la fuga e la latitanza del super boss Rocco Morabito, detto “Tamunga” dopo la fuga dal carcere di Montevideo, in Uruguay, nel 2019 – ha visto la cooperazione delle Dda di Reggio Calabria, Milano e Genova, degli investigatori di Germania, Belgio e Portogallo
Il processo, in abbreviato a Reggio Calabria e in ordinario a Locri, ha visto l’entrata delle dichiarazioni, rese dopo aver deciso di collaborare con i magistrati, dall’ex broker della ‘ndrangheta e narcotrafficante internazionale Vincenzo Pasquino che venne catturato nel 2021 insieme al super boss Rocco Morabito. Dichiarazioni e ricostruzioni che il pm in fase requisitoria ha definito «elementi di novità» e che permettono di delineare bene il peso dei clan aspromontani nello scacchiere del narcotraffico internazionale.

Lo snodo principale dal quale lo stupefacente fuoriusciva era il porto di Gioia Tauro. Tra le maggiori accuse mosse dalla Dda reggina agli indagati nell’ambito dell’inchiesta “Eureka” c’è quella di far parte di stabili articolazioni che dal Sud America e dalla Calabria organizzavano traffici in tutto il mondo. Prevalentemente cocaina, hashish e marijuana, «approvvigionandosi in Sudamerica (in particolare Colombia, Brasile, Ecuador e Panama) trasportate in Italia, in particolare fino al Porto di Gioia Tauro, e in Europa, occultate in container imbarcati su navi provenienti dai vari porti del Sudamerica».

Gli investigatori hanno localizzato in Calabria, Puglia, Abruzzo, Lazio e Lombardia depositi di ingenti quantitativi di stupefacenti e di soldi, da dove partivano i corrieri per le consegne dello stupefacente e dove confluivano i proventi. In diversi casi, i profitti della commercializzazione dello stupefacente – hanno ricostruito gli investigatori – veniva traferito dall’Italia al Sudamerica e Belgio attraverso operazioni finanziarie gestite da organizzazioni criminali composte da cittadini cinesi.

Dopo quella del boss Bartolo Bruzzaniti a 20 anni, la condanna a 18 anni di carcere per Massimo Ballone è la più pesante a riprova del ruolo di spicco che il pescarese ricopriva nella maxi organizzazione. 14 anni all’altro abruzzese coinvolto nell’indagine, l’avezzanese Carmine Amedeo Cappelletti.