Rosa Grossi, meglio nota come “Rosetta”, assolta in Appello perché il fatto non sussiste, dall’accusa di maltrattamento di animali.
Si chiude così la lunga vicenda del canile di Manoppello, il famoso “Canile di Rosetta”, rifugio per cani abbandonati, al centro, nel dicembre del 2020, delle cronache, perché ritenuto, in base ad accuse formulate da alcune guardie zoofile, una sorta di “lager”. Una notizia che creò scalpore per la figura di Rosetta, da tutti conosciuta come una instancabile volontaria nel suo piccolo rifugio di Manoppello. Ad attirare le attenzioni della Procura, il decesso di un pitbull a causa dei trattamenti dannosi per la sua salute e della mancanza di alimentazione. Trattamenti dannosi, in un secondo capo d’imputazione, anche nei confronti degli altri cani presenti. Nella sentenza di primo grado, nel 2023, la Grossi è stata condannata per il trattamento dannoso nei confronti del pitbull, assolta dall’accusa di maltrattamento per gli altri cani. Nel ricorso in Appello, i suoi avvocati, Fiore Ioannoni e Dario Bini, hanno circostanziato le lacune della sentenza, comprovando che il pitbull soffriva di una patologia specifica, una sindrome di malassorbimento, e che la Grossi aveva più volte chiesto fondi, senza ottenerli, per curarlo adeguatamente. Nel ricorso i legali fanno riferimento anche agli interessi economici dei delatori della Grossi che ambivano a prendere possesso del canile, tramite un’associazione animalista alla quale erano legati. La Corte d’Appello dell’Aquila ha accolto in pieno il ricorso assolvendo Rosa Grossi perché il fatto non sussiste.
