Lettomanoppello piange Santino Mancini, il poliziotto che fece sgominare la setta

Si è spento a Lettomanoppello l’ex funzionario di PS Santino Mancini. Alla fine degli anni ’90 a Padova aiutò a fare luce sulla setta di Padre Basmagi a San Pietro in Gu’

A ricordare l’episodio, che all’epoca riempì le prime pagine dei giornali, è il deputato Luciano D’Alfonso, che sostenne Mancini nelle indagini contro il santone. Basmagi, all’epoca, era il capo-spirituale di quella comunità denominata Sant’Antonio Abate, con una sede anche nel Maceratese, i cui seguaci venivamo convinti a lavorare gratuitamente. E lui, assatanato di sesso e di soldi (la procura aveva sequestrato un miliardo di fondi d’investimento intestati a Basmagi) finì sotto processo per aver approfittato di almeno otto giovani che dopo anni di abusi sessuali si erano decise a denunciarlo, allontanandosi dalla setta.

“Santino Mancini, servitore dello Stato e campione d’Italia delle Fiamme Oro, è stato richiamato dal Signore del Cielo. In un paese intenso come quello descritto da Cesare Pavese tutti si conoscono e tutti ci riconosciamo, poiché Lettomanoppello ha la capacità di prossimità e di vicinato che tutti sappiamo. Santino Mancini merita memoria in più, per quello che proverò a descrivere”, scrive oggi D’Alfonso ricordando:

“Eravamo nel secondo quinquennio degli anni 90, Santino Mancini operava come poliziotto apprezzato nella cattolicissima Padova. Purtroppo a poca distanza dalla Basilica di Sant’Antonio c’era un luogo infernale messo in esercizio da un manipolo di malfattori a Padova, la stessa città di servizio dell’ammirevole Santino Mancini. Siamo riusciti risolutamente a liberare chi è caduta nella trappola grazie al Procuratore Di Nicola di Pescara, al Viceministro degli Interni Fabrizio Abbate, al Prefetto di Padova e alla motivazione sincera di Santino Mancini. Mi ricordo ancora le parole di un imbroglione, purtroppo con il ruolo di superiore del nostro Santino, anche con un cognome reso noto dalla grande stampa nazionale, che si permise di dirmi ed evidenziare che i rapiti erano in Italia oltre 15 mila l’anno. Santino al contrario dimostrò di essere poliziotto fino in fondo, agonista sportivo senza paura, compaesano sensibile, cittadino pronto a correre dei rischi”.

“Le onoranze funebri servono a non disperdere gli esempi di vita e a costituirli per le prossime generazioni, proprio come dei monumenti calci di aiutare l’educazione di chi viene dopo. Santino Mancini con la chiamata del Signore del Cielo ha trovato Pace Eterna, ma dobbiamo ricordare che nel corso della sua vita terrena si è dedicato a portare anche alla vita degli altri, facendo il suo dovere, realizzando condivisione rispetto al dolore altrui. Con queste parole saluto i familiari di Santino, provando a condividere il dispiacere dei suoi parenti e della realtà dei suoi compagni di gioventù”, conclude D’Alfonso.