Asl L’Aquila, chiesti 2,5 milioni euro risarcimento dopo attacco hacker

Asl L’Aquila, chiesti 2,5 milioni euro risarcimento dopo attacco hacker. Istanza di pazienti per i dati personali violati e pubblicati

Una diffida stragiudiziale con un risarcimento di 2,5 milioni di euro è stata presentata all’Azienda sanitaria della provincia dell’Aquila dagli avvocati Marco Colantoni del Foro dell’Aquila, e Pier Luigi D’Amore, del Foro di Avezzano, legali di pazienti che si sono visti violare la privacy in seguito alla diffusione dei dati personali e cartelle cliniche con informazioni sensibili causati dall’attacco hacker avvenuto nel maggio del 2023. La richiesta riguarda per ora solo alcuni tra migliaia di pazienti i cui dati medici sono stati resi pubblici, loro malgrado, dopo l’azione di
hackeraggio su cui indaga la polizia postale. Alla base della contestazione e delle polemiche, secondo i legali, ci sarebbe il sistema informatico obsoleto e inadatto a respingere un certo tipo di intrusioni da parte della Asl, in quel periodo diretta a Ferdinando Romano, oggi alla guida del policlinico Tor Vergata di Roma. In caso di mancato adempimento, entro i termini, si andrà davanti al giudice civile. Intanto gli atti, per quanto riguarda l’aspetto penale, sono stati trasferiti alla Procura di Campobasso, competente per materia, visto che tra le persone lese ci sono anche dei giudici aquilani. L’inchiesta è in proroga e si procede contro ignoti visto che quasi certamente l’attacco, per il quale sarebbe stato chiesto un riscatto, sarebbe partito da Paesi stranieri. Che ci fossero tra i dati diffusi, riguardanti 6.800 pazienti, anche quelli dei
magistrati, è stato scoperto di recente, per cui l’indagine a causa del trasferimento dall’Aquila a Campobasso, segna il passo e la proroga è stata inevitabile. Oltre a difficoltà investigative obiettive. “Il presupposto per portare avanti una istanza risarcitoria -spiega l’avvocato Colantoni – è la violazione della normativa della privacy e questo è avvenuto per la vulnerabilità del sistema informatico. Per ora abbiamo inoltrato delle diffide e poi andremo in tribunale in caso di inadempimento”. Per la verità alcune diffide erano partite già a fine 2023 e
l’Asl si era interfacciata con le parti lese tramite un legale: l’azienda sanitaria aveva chiesto di soprassedere in attesa che finissero le indagini in sede penale e amministrativa davanti al Garante della privacy che inizialmente aveva chiesto una multa milionaria, poi non comminata. In sede amministrativa, circa la sanzione, Colantoni precisa che comunque le violazioni ci sono state come hanno confermato alcuni esperti informatici che hanno esaminato gli atti del garante stesso. Ora la intricata matassa è nelle mani del dg, Paolo Costanzi, in sella dal primo
settembre scorso.