L’Aquila: in carcere Matteo Messina Denaro vede la figlia Lorenza, per la prima volta in 26 anni

Messina Denaro ha incontrato la figlia Lorenza Alagna in carcere a L’Aquila. Ha attraversato i controlli del carcere Le Costarelle dove l’Ultimo dei Corleonesi è rinchiuso. Si è seduta sulla sedia della stanza con il vetro blindato. E pochi minuti dopo è arrivato lui, il padre che ufficialmente non ha mai incontrato

Lorenza Alagna, nata il 17 dicembre 1996 dalla relazione del boss con Franca Alagna a Castelvetrano. All’epoca ‘U Siccu era già latitante da tre anni e mezzo.  «Non voglio sapere niente, io non esisto», aveva detto ai giornalisti qualche giorno dopo l’arresto del padre. In un libro mastro di appunti economici che era diventato un diario intimo il boss parlava con parole struggenti di lei: «Perché Lorenza non vuole vedermi? Perché è arrabbiata con me?».

L’ex latitante è malato di cancro e il mancato rapporto con la figlia è stato sempre per lui motivo di inquietudine, nel covo di Campobello i carabinieri del Ros hanno trovato tanti messaggi mai spediti alla giovane, che oggi ha 26 anni. Lorenza ha attraversato a testa alta gli infiniti corridoi del super carcere dell’Aquila fino a quando si è ritrovata dentro una stanzetta divisa da un grande vetro blindato. Pochi minuti dopo, dall’altro lato, un agente ha spalancato la porta. Ed ecco il padre che Lorenza non ha mai incontrato, Matteo Messina Denaro, il mafioso delle stragi arrestato il 16 gennaio scorso dal Ros con la procura di Palermo.

“Mia figlia non l’ho mai vista; ha il destino di essere orfana di padre. Se la vita ha tolto a me per dare a lei mi sta bene. Può prendersi tutto ciò che mi resta per darlo a lei. Quando crescerà sarà in grado di capire e potrà giudicarmi. Non accetto il giudizio dei tribunali ma accetterò il giudizio di mia figlia”, altre parole usate in alcune lettere da Messina Denaro per parlare della figlia.

Nel frattempo si parla dell’interrogatorio inedito del boss Matteo Messina Denaro sentito, in carcere a L’Aquila il 21 febbraio, dal gip Montalto e dal pm De Leo nell’ambito di un procedimento penale in cui il capomafia risponde di estorsione aggravata. “Mi chiamo Matteo Messina Denaro, lavoravo in campagna, ero un agricoltore e sono apolide”.  “La residenza non ce l’ho più perché il Comune mi ha cancellato. Ormai sono un apolide. Le mie condizioni economiche? Non mi manca nulla. Avevo beni patrimomiali ma me li avete tolti tutti. Se ancora ho qualcosa non lo dico, mica sono stupido”. «Ha dei soprannomi?», gli chiede il magistrato. «Mai, me li hanno attaccati da latitante i vari giornalisti, ma io nella mia famiglia non ho avuto soprannomi», risponde il boss che, al contrario di quanto ammette, dai suoi era chiamato U siccu e Diabolik.

Al magistrato che gli domanda quale fosse la sua ultima residenza Messina Denaro risponde: «A Campobello risiedevo da latitante quindi di nascosto in segreto. L’ultima residenza che ho avuto da uomo libero è a Campobello». Nel merito delle accuse – al padrino si contesta aver minacciato la figlia di un prestanome, Giuseppina Passanante e il marito per riavere un terreno a loro intestato fittiziamente – Messina Denaro smentisce ogni responsabilità sostenendo di essersi limitato a scriverle una lettera per riavere ciò che era suo. Toni bruschi, a tratti irriverenti, il capomafia nega di appartenere a Cosa nostra di cui sa solo dai giornali.