L’Aquila: inquilini spiati, negati i domiciliari al proprietario delle case

L’Aquila: il gip respinge richiesta di arresti domiciliari per l’uomo che ha piazzato microcamere spia nei bagni dei suoi appartamenti dati in affitto

Il gip del tribunale dell’Aquila ha respinto la richiesta di domiciliari avanzata dalla Procura per l’imprenditore 56enne accusato di avere nascosto microcamere spia nei bagni e nelle stanze da letto degli appartamenti di sua proprietà.

Il gip ha disposto comunque il divieto di avvicinamento alle sue case. L’uomo ieri ha ammesso le sue responsabilità, ma ha ribadito di non avere mai diffuso in alcun modo il materiale video ottenuto dalle registrazioni non autorizzate.

Al momento sono circa una ventina gli inquilini interessati dalla vicenda, ma potrebbero aumentare se verrà accertato che le microspie erano in funzione da più di un anno, quando ad occupare le case c’erano anche altre persone. Intanto un altro degli affittuari, che ha sporto denuncia, sta per lasciare l’abitazione.

La procura aquilana procede contro il 56enne per interferenza illecita nella vita privata e diffusione di immagini sessualmente esplicite.

Dunque per l’imprenditore niente arresti domiciliari, ma la misura cautelare meno grave del divieto di avvicinamento agli alloggi di sua proprietà, in via degli Acquaviva a L’Aquila. La case sono state affittate a studenti e studentesse, professionisti e allievi della Scuola di ispettori e sovrintendenti della Guardia di Finanza.

L’ordinanza di divieto di avvicinamento è stata disposta dal giudice per le indagini preliminari del tribunale dell’Aquila, Giulia Colangeli, a seguito all’interrogatorio chiesto dallo stesso indagato e che si è svolto nella giornata di ieri. In quella sede l’uomo ha riferito di non aver mai ceduto o venduto le immagini registrate, pur ammettendo tutte le altre responsabilità in relazione alla installazione delle webcam.
La richiesta degli arresti domiciliari era stata avanzata dalla Procura della Repubblica che teme il
pericolo di inquinamento delle prove. Il divieto di avvicinamento, chiesto dalla difesa dell’uomo, è una misura cautelare penale che impone di non avvicinarsi a determinati luoghi o persone, in questo caso il palazzo dove erano state installate le videocamere, mantenendo una distanza minima di 500 metri.
Le indagini sono in corso su due fronti: interferenza illecita nella vita privata (per aver collocato dispositivi di ripresa in ambienti privati) e diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti, ipotesi aggiunta in un secondo momento e legata alla possibile circolazione dei filmati
registrati.

Tra 90 giorni si conosceranno le valutazioni del perito che sta esaminando le webcam e altri strumenti sistemati nelle abitazioni. Sono in corso anche gli esami sui telefonini per verificare la veridicità delle dichiarazioni rese nell’interrogatorio.

Marina Moretti: