L’ordinanza della Regione Abruzzo per fronteggiare l’emergenza caldo sul lavoro è un primo passo, ma secondo l’Inca Cgil Abruzzo non basta
L’ordinanza emessa dalla Regione, in recepimento delle linee guida nazionali, prevede la sospensione delle attività nei settori edile e agricolo durante le ore più calde della giornata (12:30 – 16:00). Per l’Inca Cgil Abruzzo e Molise rappresenta un primo passo verso la tutela della salute dei lavoratori, tuttavia, il provvedimento viene ritenuto tardivo e parziale rispetto alla portata del problema.
Le osservazioni arrivano da Mirco D’Ignazio, coordinatore dell’Inca Cgil Abruzzo e Molise, che ha evidenziato diverse criticità. In primo luogo, la misura non coinvolge altri ambiti lavorativi in cui il rischio da esposizione al caldo è altrettanto elevato, come la logistica e il settore manifatturiero, dove spesso i lavoratori sono costretti a operare in ambienti chiusi, scarsamente ventilati e con temperature molto elevate.
Particolare attenzione è stata posta sul settore agricolo, dove la presenza diffusa di aziende familiari e di piccole dimensioni rende più difficile l’attuazione e il controllo effettivo delle disposizioni. La mancanza di controlli capillari rischia di ridurre l’efficacia dell’ordinanza, specialmente nei territori più frammentati come la provincia di Teramo.
Secondo l’analisi di D’Ignazio, non è sufficiente prevedere il semplice stop alle attività in alcune fasce orarie. È necessario introdurre soluzioni più strutturate, come la rimodulazione degli orari di lavoro, l’introduzione di pause supplementari e protocolli condivisi che impongano misure preventive in tutte le fasi del lavoro, soprattutto durante i periodi di allerta climatica.
Per il coordinatore dell’Inca Cgil Abruzzo e Molise, la gestione del caldo nei luoghi di lavoro non può essere affidata unicamente alla responsabilità individuale delle imprese. L’appello del sindacato è rivolto principalmente alla politica: serve un quadro normativo più ampio, accompagnato da controlli efficaci e da una visione strategica che consideri il cambiamento climatico non come un’emergenza temporanea, ma come una realtà permanente da affrontare con strumenti adeguati e duraturi.
