Giulianova: in pieno centro compare uno striscione con scritto “Liberate Renato Vallanzasca”

A Giulianova, in pieno centro e a pochi passi dal Comune, è comparso uno striscione con la scritta: “Liberate Renato Vallanzasca”. Protagonista della scena criminale italiana di fine anni ’70, sul suo capo pesano 4 ergastoli. Il 19 maggio scorso la Cassazione gli ha respinto la richiesta della libertà condizionale o semilibertà. Per lo striscione l’indignazione del gruppo Lega Giulianova.

Notato da molti in città, lo striscione comparso oggi in corso Garibaldi ( accanto alla sede della Casa del Popolo) ha destato l’indignazione del gruppo della Lega Giulianova. In una mail a noi indirizzata leggiamo: “La Lega, da sempre impegnata a sostenere i valori della Legalità e l’azione delle Forze dell’ordine, condanna con decisione la suddetta iniziativa ed invita tutte le forze politiche cittadine ad unirsi nella stigmatizzazione di tale atto ribadendo con forza la condivisione dei principi di rispetto e tutela della vita umana e del patrimonio, esprimendo la propria vicinanza alle famiglie delle vittime, profondamente offese da tali insensate manifestazioni di solidarietà nei confronti di un criminale”.

Difficile riassumere una vita criminale come quella del Bel Renè. Aveva 8 anni quando, con un compagno, Vallanzasca cerca di far uscire da una gabbia la tigre di un circo.  71 anni, 4 ergastoli, 295 anni di reclusione. Questo in breve l’identikit del ‘bandito della Comasina’, a cui il 19 maggio scorso la Cassazione ha negato di poter accedere alla libertà condizionale o alla semilibertà. La ‘carriera’ del ‘Bel Rene’’ inizia dall’infanzia, quando a otto anni cerca di far uscire da una gabbia la tigre di un circo che aveva piantato il tendone proprio nelle vicinanze di casa sua. Il giorno successivo Vallanzasca viene prelevato dalla polizia e portato al carcere minorile Beccaria.

Durante l’adolescenza nel quartiere del Giambellino forma una banda di piccoli delinquenti dediti a furti e taccheggi. Inizia, così, la sua ascesa criminale, diventando protagonista delle cronache del tempo con la Banda della Comasina che si contrapponeva alla gang di Francis Turatello. In poco tempo, a ritmo di furti e rapine, Vallanzasca accumula ingenti ricchezze: inizia a condurre e ad ostentare un tenore di vita molto sfarzoso.

Nel 1972 il primo arresto, dopo una rapina a un supermercato. A San Vittore trascorre 4 anni e mezzo, rendendosi protagonista di vari tentativi d’evasione. Cambia ben 36 penitenziari a seguito di risse, pestaggi, sommosse. Riesce a contrarre volontariamente l’epatite, a farsi ricoverare in ospedale e ad evadere. E’ il 1976. Una volta fuori ricostituisce la banda e con essa mette a segno una settantina di rapine a mano armata con una lunga scia di omicidi, tra cui si contano quelli di quattro poliziotti, un medico e un impiegato di banca.

 

Questi sono gli anni dei sequestri di persona (saranno quattro, di cui due mai denunciati). Una delle vittime di Vallanzasca è Emanuela Trapani: figlia di un imprenditore milanese, liberata dietro il pagamento di un riscatto di un miliardo di lire. A questo episodio criminoso, il 6 febbraio 1977, fa seguito l’uccisione di due uomini della polizia stradale che, in un posto di blocco ad un casello autostradale nei pressi di Dalmine, fermano per un controllo la sua auto. Vallanzasca ferito e braccato cerca rifugio a Roma, ma dopo pochi giorni viene rintracciato e catturato. Una volta in carcere, decide di sposarsi con Giuliana Brusa, una delle tante ammiratrici che gli scrivono. Come suo testimone di nozze il criminale del clan dei Marsigliesi Albert Bergamelli e come “compare di anelli” proprio l’ex nemico Francis Turatello.

Nell’aprile del 1980 evade rocambolescamente da San Vittore prendendo in ostaggio un brigadiere e scappando nei tunnel della metropolitana di Milano, dove poi viene ricatturato.

Nel 1981, nella prigione di Novara, Vallanzasca uccide un ex membro della sua banda, Massimo Loi, accusato di essere una spia e infierisce sul cadavere fino a staccargli la testa. Circostanze però sempre negate dal bandito. Nel 1983 fu accusato da alcuni pentiti di far parte della Nuova camorra organizzata. Processato insieme a Enzo Tortora, fu assolto. E’ del 1987 l’evasione forse più famosa: attraverso un oblò del traghetto che da Genova avrebbe dovuto portarlo in Sardegna, destinato al carcere di Nuoro.