Fascicolo Sanitario Elettronico, l’Abruzzo all’ultimo posto della classifica relativa al numero di cittadini che hanno espresso il consenso alla consultazione dei propri documenti
Abruzzo a rilento sul Fascicolo Sanitario Elettronico: solo l’1% dei cittadini ha espresso il consenso per la consultazione dei propri dati. Considerando che la media nazionale è al 42%, emerge che la nostra regione si colloca all’ultimo posto della classifica insieme a Calabria e Campania.
I cittadini che hanno utilizzato il FSE sono invece il 7% (21% in Italia). È quanto emerge dalle rilevazioni, relative al periodo gennaio-marzo 2025, diffuse dalla Fondazione Gimbe in occasione del nono Forum Mediterraneo in Sanità.
Per quanto riguarda le tipologie documentali disponibili nell’Fse (sul totale dei 16 documenti oggetto del monitoraggio del Ministero della Salute e Dipartimento per la Trasformazione Digitale), l’Abruzzo è ultimo in classifica, con un dato pari al 44%, analogo a quello della Calabria, a fronte di una media nazionale del 74%. Non sono ancora inseriti la prescrizione farmaceutica, la prescrizione specialistica, il certificato vaccinale, il documento erogazione prestazioni specialistiche, il documento erogazione farmaci, la scheda singola vaccinazione, il referto di anatomia patologica, il taccuino personale dell’assistito, la lettera di invito e la cartella clinica.
I medici di famiglia e pediatri che hanno effettuato almeno un’operazione sull’Fse sono il 94% (95% in Italia). I medici specialisti delle aziende sanitarie abilitati all’FSE sono il 37%, dato tra i più bassi del Paese (in Italia 72%).
Il ritardo dell’Abruzzo sul Fascicolo Sanitario Elettronico viene sottolineato da Michele Marino, segretario provinciale Sinistra Italiana:
“Quando un ferito grave arriva al Pronto soccorso chi lo visita non sa niente di lui. Ad esempio il medico non sa se il ricoverato ha malattie pregresse o se assume farmaci salvavita. Eppure potrebbe saperlo facilmente se solo potesse accedere al FSE. Purtroppo Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, ha da poco reso pubblica l’ennesima inefficienza abruzzese. Infatti se in Emilia Romagna il 92% dei residenti ha espresso il proprio consenso alla consultazione dei propri dati contenuti nel FSE, in Abruzzo tale percentuale su riduce all’1%; e solo il 37% dei medici specialistici risulta abilitato alla consultazione. Né va meglio per i servizi digitali: pagamento del ticket e prestazioni, oltre che prenotazione di visite.
Se è vero che solo quattro documenti che compongono il FSE su 16 sono sono disponibili in tutte le regioni (lettera di dimissioni ospedaliera, referti di laboratorio e di radiologia, verbale di pronto soccorso), quasi ovunque mancano certificato vaccinale e documento erogazione farmaci, referto di anatomia patologica, taccuino personale dell’assistito e cartella clinica. E ovviamente in Abruzzo in tutto questo siamo sotto la media.
Eppure il FSE dovrebbe essere la chiave per migliorare accessibilità, continuità delle cure e integrazione dei servizi sanitari e socio-sanitari. Se l’FSE da noi funziona poco e male significa che siamo meno tutelati dal punto di vista sanitario, siamo più poveri in diritti, ovvero da noi c’è più diseguaglianza sanitaria. I cittadini non prestano il loro consenso, i medici non sono tutti abilitati alla consultazione: le responsabilità sono molteplici. Ma cosa fa per migliorare questa situazione il direttore generale della Asl? E cosa fa la Regione?”