“Nathan potrà stare il giorno di Natale nella casa famiglia con i tre bambini e la moglie dalle ore 10 alle 12.30. Per il resto non c’è niente da dire, c’è solo da attendere l’esito della consulenza tecnica d’ufficio disposta dal Tribunale per i minorenni”. Così il sindaco di Palmoli, Giuseppe Masciulli, a proposito dell’ordinanza del Tribunale sulla vicenda della “famiglia nel bosco”
“Si chiede a uno specialista di verificare la competenza e la capacità genitoriale di Nathan e Catherine – prosegue il primo cittadino – oltre allo stato psichico dei bambini. Il consulente dovrà rispondere a tre quesiti, ma anche fare una visita psicologica ai bambini per vedere il loro stato di salute, alla presenza di un consulente di parte. Non sempre, in queste situazioni, si riesce a rispettare i tempi”. Secondo Masciulli, la situazione è diventata più complessa e le questioni legate all’ampliamento della casa, ai servizi e al progetto scolastico con la maestra di Palmoli non rappresentano più una priorità. “Adesso il problema si è spostato completamente – aggiunge Masciulli – per cui tutto ciò di cui abbiamo discusso è diventato, non dico irrilevante, ma non
essenziale: la casa, la scolarizzazione, la socializzazione. Tutto dipenderà dagli esiti di questa consulenza”.
“Il tutore dovrà decidere in questo lasso di tempo – conclude il primo cittadino di Palmoli – come organizzare le attività dei bambini, tra cui l’istruzione”. Intanto, dalla tutrice e dalla curatrice del Tribunale per i minorenni dell’Aquila, gli avvocati Maria Luisa Palladino e Marika Bolognese, nessuna dichiarazione.
“Di nuovo registriamo, con allarme, la diffusione integrale di ordinanze e relazioni che attengono a dati e fatti personalissimi dei minori coinvolti in questa drammatica e dolorosa vicenda”. Lo dichiarano, con una nota, gli
avvocati Femminella e Solinas che rappresentano la ‘famiglia nel bosco’. “Anticipiamo azioni nei confronti di chiunque si renda responsabile della grave disinformazione che risulta veicolata da sensazionalistiche quanto ridicole dichiarazioni – aggiungono -, tra le molte i fantomatici e inesistenti spazzolini di peli d’asino, malattie gravi mai curate o piuttosto la mancanza di vaccini”.
“L’invito ad abbassare i toni e attenersi a fatti veritieri appare un’utopica chimera che si staglia con alcune informazioni scellerate scientemente alimentate per tratteggiare l’idea della famiglia selvaggia approdata sul pianeta Terra” dichiarano ancora gli avvocati Marco Femminella e Danila Solinas che si chiedono “a chi faccia
comodo alimentare questa grottesca rappresentazione”. I dati ‘personalissimi’ diffusi sono attinenti, sottolineano
i legali nella nota, a “questioni ampiamente smentite che, purtuttavia, hanno il potere di creare ulteriore confusione e, soprattutto, danni irreversibili con cui questi minori, di cui pur si paventa ed esige una maggiore socialità, dovranno confrontarsi”. L’ordinanza del Tribunale per i minorenni dell’Aquila è datata 11 dicembre: “nelle more, questa difesa ha depositato copiosa e puntuale documentazione che confuta l’assunto secondo cui i minori non avrebbero avuto contatti con i loro pari e documentazione fotografica che ritrae i bambini in ogni occasione ricreativa, ovvero ordinaria, a contatto con altri bimbi verso i quali non hanno mostrato alcun disagio, così come non lo hanno mostrato nella casa famiglia”. Dunque, per gli avvocati “sono smentite la ritrosia lamentata e l’isolamento dedotti”. “Siamo certi che le allegazioni puntuali che abbiamo sottoposto al Tribunale, di cui, essendo l’ordinanza antecedente, non ha evidentemente tenuto conto, verranno debitamente e tempestivamente valutate. Così come siamo certi che sarà adeguatamente valutata ‘l’urgenza di provvedere’ prevista dalla norma, quando si dovrà rivalutare, in tempi che si auspicano rapidi, la prosecuzione del collocamento nella struttura. Un giudizio che sarà certamente rapportato al
superamento effettivo delle criticità al tempo rilevate e alla possibilità che la consulenza richiesta venga effettuata sotto monitoraggio, ma previo ricongiungimento”.
Ancora diffidenza e carenze dei genitori della famiglia che viveva nel bosco a Palmoli: il quadro emerge dai contenuti dell’ordinanza del Tribunale per i Minorenni dell’Aquila che ripercorre le varie tappe del caso giudiziario, sottolineando le numerose criticità e la rigidità di Nathan e Catherine nel voler affrontare, di comune accordo con i servizi sociali, un percorso di socializzazione e scolarizzazione per i loro tre figli.
In merito alla problematica della soluzione abitativa – la famiglia viveva in un casolare fatiscente – secondo i magistrati “l’aspetto dell’idoneità dell’abitazione in rapporto alle esigenze di tutela dell’integrità fisica dei minori può essere al momento trascurato, pur restando incerta la determinazione dei genitori a stabilizzarsi nella nuova abitazione, considerato che già in passato hanno presto abbandonato altra abitazione
messa a loro disposizione”. Per quanto riguarda invece la scolarizzazione, a dicembre è emersa “la lesione dei diritto all’istruzione dei figli, o quantomeno della maggiore di essi” dopo le verifiche compiute nella casa-famiglia: la bambina non sa leggere, né scrivere. Il Tribunale ritiene necessaria la “formulazione di una
programmazione didattica che assicuri un’efficace istruzione di tutti i minori e il recupero delle gravi carenze riscontrate nella bambina più grande”, con l’individuazione, in caso si optasse per l’istruzione parentale, “dei precettori che dovrebbero parteciparvi per le aree e le materie per cui i genitori sono carenti”. Per i magistrati si rende “necessario un congruo accertamento tecnico sulle competenze genitoriali, tanto più in considerazione del gravoso carico educativo che i genitori, optando per scelte di istruzione non convenzionali, si sono
assunti in via esclusiva, senza potersi giovare del contributo dei professionisti dell’educazione”.
In attesa della valutazione del servizio di Neuropsichiatria Infantile al momento non sembra superata neanche la lesione del diritto dei minori alla vita di relazione: il Servizio Sociale segnala che “nell’interazione con gli altri bambini presenti in comunità si denota imbarazzo e diffidenza”. Il Tribunale infine stigmatizza “l’insistenza con cui la madre pretende che vengano mantenute dai figli abitudini e orari difformi dalle regole che disciplinano la vita degli altri minori ospiti della comunità, circostanza che fa dubitare dell’affermata volontà di cooperare
stabilmente con gli operatori nell’interesse dei figli.
