Economia nell’Aquilano: nell’analisi del CRESA l’enorme sofferenza di tutti i settori

Dopo aver analizzato la situazione del comparto turistico, il CRESA pubblica i risultati dell’indagine svolta nell’agosto 2020 su un campione di 504 imprese della provincia dell’Aquila operanti in tutti i settori economici. Ne emerge una situazione di grave difficoltà.

La stima fatta in agosto dalle imprese facenti parte del campione CRESA è di una perdita complessiva del fatturato rispetto alle aspettative pre-Covid pari al 16,2%. A partire dalla fase del primo lockdown fino ad agosto 2020 quasi il 40% delle aziende facenti parte del campione ha attivato gli ammortizzatori sociali per il 60% del proprio personale dipendente e più di una impresa su 5 ha manifestato la volontà di ricorrere di nuovo ad essi nei sei mesi successivi all’intervista. Inoltre, il 24,0% delle aziende ha dichiarato di aver richiesto la moratoria straordinaria dei prestiti e delle linee di credito e una percentuale lievemente inferiore (23,2%) ha detto di volerla richiedere o di confermare nei successivi sei mesi.

Fatturato provinciale (-16,2%). Nel periodo gennaio-agosto 2020 tutti i settori economici mostrano contrazioni. Le imprese che operano nel campo dei servizi, commercio al dettaglio escluso, fanno registrare un brusco decremento di fatturato (-27,3%), contrazione peggiore, anche se non perfettamente confrontabile, con il dato nazionale grezzo, pertanto suscettibile di modifica, relativo all’intero anno 2020 pubblicato dall’Istat (-12,1%). Se si considerano i soli servizi non commerciali la situazione è ancora peggiore e il calo si attesta sul 28,7%. Le attività commerciali fanno segnare un decremento del 15,5%, determinato da un calo del commercio al dettaglio del 7,8% e da una contrazione intorno all’11% degli altri due comparti (commercio all’ingrosso e riparazione e vendita di auto e moto). Nel caso delle attività all’ingrosso e al dettaglio la contrazione rilevata dal CRESA in agosto è assai più grave, anche se non perfettamente confrontabile, con quella pubblicata dall’Istat relativamente all’intero 2020 (rispettivamente -6,4% e -5,4%). In discesa rispetto alle aspettative pre COVID anche il fatturato dell’industria in senso stretto (-13,6%; dato Istat grezzo 2020/2019: -11,5%, il peggior risultato dal 2009), delle attività agricole (-12,7%), che risentono di un’annata non è stata favorevole per la maggior parte dei prodotti agricoli nonché del ridimensionamento delle attività dei servizi (attività di prima lavorazione dei prodotti) e di quelle secondarie delle aziende agricole (attività agrituristiche), e delle costruzioni (-7,1% in linea con i dati ufficiali Istat 2020 che riportano per il 2020 un – 8,2% meno sfavorevole del solo -10,2% risalente al 2013) che hanno visto un crollo nei primi sei mesi dell’anno seguito da un recupero tra luglio e settembre e da un nuovo arretramento nell’ultimo trimestre.

A partire dalla fase del primo lockdown fino ad agosto 2020 il 39,7% delle aziende facenti parte del campione ha attivato gli ammortizzatori sociali per il 60% del proprio personale dipendente. Ampiamente inferiore la percentuale di imprese che ha intenzione nei 6 mesi successivi all’intervista di ricorrere a queste modalità di sostegno del reddito (20,4%). Tale diminuzione trova certamente spiegazione nel clima di ottimismo che circolava nell’estate quando gli effetti della pandemia, probabilmente per cause di natura climatica, si erano notevolmente affievoliti.
Più del 40% delle attività manifatturiere, delle altre industrie, delle costruzioni e dei servizi ha fatto ricorso fino ad agosto a questi strumenti, seguono quelle operanti nel commercio (33,3%) e nel settore primario (25,8%). Se si considera, invece, la quota dei dipendenti per i quali sono stati richiesti ammortizzatori sociali sul totale degli addetti delle imprese che ne hanno fatto ricorso, a fronte di una media del 60,0% quasi tutti i settori, escluso il primario (19,8%) e le utilities (5,4%), mostrano valori ad esso superiori. Per i mesi successivi all’intervista sono le aziende di servizi, le manifatturiere e le altre industrie a dichiarare con frequenza superiore alla media provinciale di voler ricorrere agli ammortizzatori sociali.
Al momento della rilevazione (agosto 2020) il 24,0% delle imprese del campione ha dichiarato di aver richiesto la moratoria straordinaria dei prestiti e delle linee di credito e una percentuale lievemente inferiore (23,2%) ha espresso la volontà di richiederla o di confermarla nei successivi sei mesi. Inoltre, a fronte di un 68,1% di aziende che non mostra di essere interessato né per il passato né per il futuro alla moratoria, esiste un 15,2% che ha fatto richiesta in passato e intende reiterarla per il futuro. Sono principalmente le imprese che operano nel manifatturiero (42,6%), seguite a distanza da quelle delle costruzioni (27,2%), ad aver fatto ricorso a tale misura straordinaria. Se si considera, invece, la volontà di ricorrere alla moratoria nei mesi successivi, raddoppiano le imprese operanti nel settore primario e in quello delle utilities, aumentano le attività commerciali, restano stabili le imprese di servizi e diminuiscono in modo evidente le aziende del manifatturiero e in modo più moderato quelle delle costruzioni.

Prima della fase di lockdown, iniziato nel marzo 2020, il 7,3% delle imprese del campione aveva messo in smart working il 3,4% dei dipendenti totali, durante la fase del lockdown tende a salire sia il peso delle aziende (13,7%) sia quello degli addetti (9,0%). Nel mese di agosto, a causa probabilmente delle ferie estive, entrambe le quote scendono intorno al 5%. Il dato più significativo è che il 12,7% delle imprese ha dichiarato l’intenzione di proseguire e/o riattivare lo smart working nel periodo successivo a quello della rilevazione.

Per fronteggiare la pandemia le imprese hanno generalmente preferito affidarsi a poche strategie Relativamente al periodo antecedente l’agosto 2020, la strategia più diffusa è la riconversione produttiva scelta dal 26,2% delle imprese intervistate. La trasformazione digitale ha visto il consenso del 23,4%, l’adozione di azioni difensive, quali ad esempio la riduzione del numero dei dipendenti, del 21,6% e l’attuazione di altre azioni di marketing del 19,0%.
Per i mesi successivi alla rilevazione il quadro generale evidenzia che il 43,3% delle imprese ha deciso di optare per l’adozione di azioni di marketing. La scelta di azioni difensive future, quali la riduzione dei costi fissi, riguarderà il 36,9% delle imprese, la trasformazione digitale il 28,6%. Da segnalare che il 28,6% delle intervistate ha indicato per il futuro l’attesa del ritorno alla normalità. L’opzione “chiusura dell’attività” è stata segnalata da 48 imprese. Per 19 di esse è l’unica opzione evidenziando una decisione ormai definitiva.

Tra le azioni proposte quella che viene più diffusamente considerata priorità dalle aziende intervistate è la concessione di contributi a fondo perduto (per più del 60% dei casi per la realizzazione di interventi connessi con il coronavirus), alla quale molte imprese hanno attribuito non uno ma contemporaneamente più gradi di priorità, a ribadire in maniera rafforzativa il suo carattere indispensabile e urgente. Seguono la concessione di agevolazioni per l’accesso al credito, l’attività di formazione/informazione (per la metà dei casi per corsi riguardanti l’Amministrazione e la Gestione, per un quarto l’Innovazione e poco meno di un quinto il Marketing e le Vendite) e quella del laboratorio microbiologico.