Apprensione a L’Aquila per il docente universitario detenuto in Albania dopo un incidente stradale. Si muovono le istituzioni
L’Ambasciata d’Italia a Tirana e il Consolato Generale a Valona “seguono con la massima attenzione” il caso di Michele D’Angelo, docente di Biologia dell’Università dell’Aquila detenuto da agosto in un carcere albanese. Lo riferisce la Farnesina, che sta “mantenendo costanti contatti con i connazionali, effettuando visite in carcere e fornendo ogni necessaria assistenza consolare”. Michele D’Angelo e la compagna sono stati coinvolti in un
incidente d’auto in Albania l’8 agosto 2025, si ricorda. Il giorno successivo i connazionali sono stati fermati dalla
polizia e il solo signor D’Angelo, accusato di omissione di soccorso, è stato sottoposto alla misura della custodia
cautelare in carcere. Il procedimento a suo carico è attualmente in corso.
Il Dipartimento di Medicina clinica, sanità pubblica, scienze della vita e dell’ambiente dell’Università dell’Aquila ha avviato una raccolta fondi a sostegno di Michele D’Angelo, docente detenuto in Albania a seguito di un incidente avvenuto in località Qafa a Kosovices, nei pressi di Fier l’8 agosto. L’iniziativa, promossa nell’ultimo consiglio di dipartimento dalla direttrice, Annamaria Cimini, con il coinvolgimento dei colleghi, servirà a coprire le spese di sopravvivenza in carcere, l’assistenza legale e i viaggi dei familiari per le visite settimanali.
“La finalità è garantire un sostegno concreto al docente e alla sua famiglia in una situazione di particolare difficoltà
legata alla detenzione” hanno spiegato i promotori, in stretto contatto con la compagna di D’Angelo, Vanessa Castelli, anche lei docente Univaq.
“Michele è una persona molto sensibile, ed essere in stato di detenzione in un Paese che non conosce, senza poter comunicare per via della lingua, lo rende fragile. Mi auguro che si possa uscire da questa situazione il più presto possibile”. Così Vanessa Castelli, compagna di Michele D’Angelo, docente dell’Università dell’Aquila detenuto a Fier, in Albania, rivolge un appello alle istituzioni coinvolte affinché si proceda alla sua liberazione. Il 44enne si trova in custodia cautelare da inizio agosto a seguito di un incidente avvenuto in località Qafa a Kosovices, nei pressi di Fier. La donna, contattata dall’ANSA, ricostruisce al telefono l’incidente di quella sera dell’8 agosto in cui sono rimaste ferite quattro persone, una delle quali è poi deceduta. “Stavamo svoltando verso il ristorante del matrimonio di due amici – racconta – quando una Mercedes, a velocità elevata, ha perso il controllo e si è ribaltata. Dobbiamo ritenerci fortunati nel dire che siamo stati solo sfiorati. Michele, in stato di shock, ha spostato la nostra Lancia Ypsilon per metterci in sicurezza e chiedere aiuto. Sappiamo che non si doveva fare, ma presi dal panico ci sembrava la cosa più giusta, in quel momento. Poi siamo scesi a chiedere aiuto, nessuno si fermava”. Dopo alcune rassicurazioni sull’arrivo dell’ambulanza, la coppia ha atteso invano la polizia per le testimonianze. Il giorno successivo, i due docenti si sono presentati spontaneamente al commissariato di Fier “convinti di dover solo
testimoniare, non di essere indagati”. Al termine della deposizione, però, è scattato il fermo per D’Angelo, tuttora
detenuto insieme al conducente della Mercedes. Tre giorni dopo, arrivata la notizia della morte di uno dei passeggeri
dell’altro veicolo ha aggravato la vicenda giudiziaria. “Siamo profondamente dispiaciuti per la famiglia della
vittima, Michele prega ogni giorno per loro – aggiunge Castelli -. D’altra parte si tratta di una misura cautelare troppo
gravosa. Le procedure sono complicate, e la distanza da casa rende la sua condizione ancora più difficile”.
Da quasi due mesi è detenuto nella prigione di Fier, in Albania: si tratta di Michele D’Angelo, 44 anni, scienziato di fama e docente della facoltà di Biotecnologie dell’Ateneo aquilano. LA conferma della notizia è arrivata dal rettore UnivAq Fabio Graziosi.
La situazione è stata determinata da un incidente stradale avvenuto l’8 agosto nei pressi di Tirana. La vicenda ha contorni poco chiari, pare che le autorità albanesi contestino al docente la violazione delle norme sulla circolazione stradale e l’abbandono del veicolo.
L’Università dell’Aquila e le istituzioni locali seguono con apprensione la vicenda. Il deputato Luciano D’Alfonso è stato il primo a creare un filo diretto con le autorità albanesi poiché ritiene che si tratti di una misura spropositata, per questo chiede il rientro del docente in Italia. L’11 settembre D’Alfonso ha presentato un’interrogazione parlamentare al ministro degli Esteri per
sollecitare la massima cooperazione con le autorità albanesi e chiarire la dinamica dell’incidente. Anche il sindaco del capoluogo dell’Aquila Pierluigi Biondi ha interessato della vicenda il governo nazionale.
Nell’incidente il professore si sarebbe scontrato con una Mercedes che procedeva ad alta velocità e che avrebbe perso il controllo dell’auto, a supportare questa tesi ci sarebbero pure dei filmati. Il professore viaggiava a velocità contenuta, non più di 40 chilometri orari. Subito dopo l’impatto D’Angelo si sarebbe allontanato dalle vetture, per questo è stato accusato di violazione delle norme sulla circolazione e di abbandono di veicolo. Un comportamento che i suoi difensori considerano come un gesto istintivo e non un tentativo di fuga. Sta di fatto che da quel momento il docente, volto noto nella comunità accademica, è rinchiuso in carcere in attesa di giudizio.
Il dovente UnivAq, da quel che si apprende, si sarebbe subito messo a disposizione delle autorità albanesi fornendo la sua testimonianza. “Si tratta di una persona con una condotta sempre esemplare nella sua vita” sottolinea chi lo conosce.
Anche la direttrice del dipartimento di Medicina clinica, Annamaria Cimini, si è appellata alle autorità affinché si impegnino per riportare il docente a casa. Sulla stessa lunghezza d’onda il professor Edoardo Alesse, rettore uscente dell’UnivAq, che sta seguendo tutti i passaggi di questa complessa vicenda.
In attesa di novità sul caso, l’Università dell’Aquila si sta mobilitando:
“Stiamo facendo il possibile – ha commentato il rettore eletto Fabio Graziosi – per chiedere laliberazione del docente e per ridurre la pressione psicologica delle persone coinvolte”.
Anche l’Ambasciata italiana è a lavoro per fare da collegamento tra i familiari del docente e le
autorità giudiziarie albanesi.