Nuovi impianti sciistici Ovindoli, preannunciato ricorso alla Commissione Europea

Appennino Ecosistema preannuncia l’imminente presentazione di un ricorso alla Commissione Europea contro la sentenza del Consiglio di Stato n. 2279/2023, pubblicata ieri, che riabilita l’autorizzazione alla realizzazione di nuovi impianti sciistici della Magnola, nel Comune di Ovindoli, in quanto le argomentazioni ivi contenute sono palesemente irragionevoli ed agiuridiche

L’Associazione – dichiara il Presidente di Appennino Ecosistema, il giuri-ecologo Bruno Petriccione – chiederà alla D.G. Ambiente della Commissione Europea di aprire un caso che porti ad una procedura di infrazione contro l’Italia per palese violazione della Direttiva Habitat, cui si potrebbe ora giungere, esauriti tutti i gradi di giudizio previsti dalla giurisdizione nazionale. Se il ricorso sarà accolto, la Commissione Europea inviterà l’Italia a sospendere le autorizzazioni ed a bloccare i lavori; in caso di mancata ottemperanza, la Corte di giustizia dell’Unione Europea potrebbe condannare l’Italia alla decurtazione di ingenti contributi UE, che sarebbero sottratti a quelli destinati alla Regione Abruzzo.

Le argomentazioni addotte dal Consiglio di Stato appaiono infatti irragionevoli ed agiuridiche. In particolare:

  • è palesemente irragionevole pretendere che il Reparto Carabinieri Biodiversità di Castel di Sangro (Autorità di gestione della Riserva Naturale Statale “Monte Velino”) dovesse fornire alla Regione entro un giorno dalla richiesta i necessari e mancanti approfondimenti ed integrazioni sulle incidenze negative delle opere sugli habitat e le specie tutelate dalle Direttive 92/43/CEE “Habitat” e 2009/147/CE “Uccelli” presenti nella Riserva stessa (i Carabinieri, solo a titolo di esempio, avevano citato gli habitat 5130 e 6210* e le specie Vipera ursinii, Aquila chrysaetos, Gyps fulvus e Alectoris graeca, mettendosi disposizione per fornire ogni supporto tecnico-scientifico, basato anche sulle banche dati della Riserva);
  • l’argomentazione secondo la quale “se qualsiasi attività che presenti controindicazioni rispetto alla significativa permanenza della vipera oggetto di tutela dovesse essere vietata, sarebbe necessario vietare anche il pascolo di animali indicato nello studio come fonte di pericolo, nonché la presenza di escursionisti” è palesemente agiuridica, in quanto le argomentazioni giuridiche non possono basarsi su concettualizzazioni per assurdo, ma devono limitarsi a trattare le condotte o i fatti in esame; anche ammettendone la legittimità, l’argomentazione dimostra l’ignoranza dei giudici delle normative comunitarie, di quelle nazionali di recepimento, della chiara giurisprudenza della Corte di giustizia dell’UE e infine delle vincolanti Linee guida nazionali per la V.Inc.A., che obbligano non a vietare ma a sottoporre alla procedura di V.Inc.A. qualunque attività organizzata nelle aree della Rete Natura 2000, inclusi i Piani e le concessioni di pascolo, nonché le attività escursionistiche organizzate;
  • la considerazione secondo la quale “il bene di rilievo costituzionale da contemperare con la tutela dell’ambiente era il diritto all’esercizio di un’attività di impresa cui era connesso il diritto al lavoro dei dipendenti” è palesemente agiuridica, in quanto le recenti modifiche degli art. 9 e 41 della Costituzione hanno introdotto la tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi tra i sui principi fondamentali ed hanno definitivamente subordinato l’iniziativa economica privata alla tutela dell’ambiente, definita più volte dalla Corte Costituzionale come “interesse pubblico di valore costituzionale primario ed assoluto”; oltretutto, poiché il caso in questione è in area tutelata a livello europeo dalla Rete Natura 2000, a livello nazionale da una Riserva e a quello regionale da un Parco, il bilanciamento degli interessi non può che pendere chiaramente a favore della tutela dell’ambiente;
  • la considerazione secondo la quale “non è ragionevole pretendere che anche il funzionario che firma il parere fondato sulla relazione tecnica debba avere le stesse competenze di colui che ha redatto lo studio di incidenza ambientale” è palesemente agiuridica, dimostrando di nuovo l’ignoranza dei giudici della chiara giurisprudenza della Corte di giustizia dell’UE e delle vincolanti Linee guida nazionali per la V.Inc.A., che prevedono che “le Autorità delegate dalle Regioni alla VIncA devono essere in possesso delle competenze necessarie per il corretto assolvimento della procedura di Valutazione di Incidenza. Non è possibile delegare dette competenze a Strutture non adeguatamente formate a livello tecnico-scientifico”.