Covid, Università studia immunità per somministrare la terza dose

A Chieti si studia l’immunità cellulare, per capire se coloro che hanno ricevuto da tempo il vaccino contro il Covid-19 e che iniziano a registrare una riduzione degli anticorpi hanno comunque una protezione contro la malattia. La struttura teatina ha anche effettuato uno studio sull’efficacia dei vaccini: è emerso che un ciclo vaccinale completo di tutti i sieri disponibili, anche il tanto discusso AstraZeneca, è assolutamente efficace.

Ad occuparsi delle attività, determinanti anche per capire se sia necessaria la terza dose del vaccino, è il laboratorio di Genetica molecolare – Test Covid-19 dell’università ‘d’Annunzio’, una delle due strutture abruzzesi che si occupa, tra l’altro, del sequenziamento del virus.

“Cominciamo a vedere un decremento degli anticorpi in alcuni dei vaccinati più antichi, in particolare gli operatori sanitari – spiega all’ANSA il direttore del laboratorio, Liborio Stuppia – Cio che bisogna capire è se chi non ha più anticorpi ha comunque un’immunità cellulo-mediata, cioè se ha comunque una protezione contro il Covid-19, altrimenti bisognerà pensare alla terza dose. Siamo al lavoro e stiamo facendo dei test su coloro che per primi hanno registrato un decremento degli anticorpi”.

La struttura teatina ha anche effettuato uno studio sull’efficacia dei vaccini: è emerso che un ciclo vaccinale completo di tutti i sieri disponibili, anche il tanto discusso AstraZeneca, è assolutamente efficace.

“La vaccinazione funziona – afferma il direttore – altrimenti con la variante Delta sarebbe stata un’apocalisse”. Rispetto ai dubbi e alle perplessità rispetto al vaccino da parte di coloro che hanno avuto il Covid-19 senza una diagnosi e, quindi, senza conoscere il periodo di positività, Stuppia sottolinea che “non c’è nessun rischio a fare il vaccino se nell’organismo sono già presenti anticorpi, non c’è nessuna controindicazione, quindi, come per tutti, è importante sottoporsi alla somministrazione”.

Per quanto riguarda i cosiddetti ‘non responder’, cioè coloro che dopo la vaccinazione non sviluppano anticorpi, il direttore del laboratorio universitario spiega che “sono davvero pochissimi con la prima dose e con la seconda dose sono pressoché inesistenti. Di più sono gli ‘slow responder’, cioè coloro che impiegano più tempo ma che comunque generano una risposta anticorpale”, conclude Stuppia, rilanciando l’appello affinché tutti si vaccinino.