Cocaina per professionisti: 7 arresti e 5 indagati a Pescara

Una holding criminale dello spaccio di cocaina destinata a professionisti, funzionari pubblici e imprenditori: a Pescara 7 misure cautelari e 5 indagati

L’operazione denominata “Cani sciolti” ha dato i suoi frutti. All’alba di oggi il Nucleo Investigativo del Reparto Operativo del Comando Provinciale Carabinieri di Pescara ha dato esecuzione ad un’ordinanza applicativa di misura cautelare a carico di sette indagati, ritenuti tutti responsabili dei reati di traffico e detenzione illecita di sostanze stupefacenti, fabbricazione di documenti falsi, truffa e intestazione fittizia di beni.

Le indagini, partite nel novembre 2023 e coordinate dalla Procura della Repubblica di Pescara, hanno scoperto una vera e propria holding criminale operante su Pescara e Chieti, dedita sia al traffico di stupefacenti che alla contraffazione di documenti di identità, truffe ed intestazione fittizia di beni.

L’attività di spaccio – esclusivamente cocaina – avveniva all’interno dell’abitazione degli indagati,  in un quartiere residenziale della città, ed era rivolta principalmente a professionisti, funzionari pubblici e imprenditori pescaresi.

Le indagini sono state avviate attraverso il monitoraggio di un singolo nucleo familiare e sono risultate particolarmente complesse. La cessione dello stupefacente avveniva esclusivamente all’interno dell’abitazione, un vero e proprio negozio clandestino in cui i numerosi acquirenti si recavano a tutte le ore, spesso senza alcun contatto telefonico, certi di vedere soddisfatti i loro bisogni.

La sorveglianza del nucleo familiare, effettuata anche attraverso intercettazioni telefoniche, ambientali e pedinamenti, ha consentito di individuare altre quattro persone dedite allo spaccio al minuto a Pescara, Montesilvano e nella provincia di Chieti (San Giovanni Teatino, Torrevecchia Teatina e Francavilla al Mare), nonché due fornitori di droga del pescarese.

Sia in capo ai fornitori che in capo ai dettaglianti sono stati riscontrati stretti rapporti di parentela, la gestione condivisa dell’illecita attività avveniva non solo tra coniugi, ma anche tra genitori e figli. In questo contesto, in più occasioni, si è evidenziata una fluidità dei ruoli fra i diversi indagati, con transazioni spesso iniziate da uno e poi concluse da un altro, oltre che frequenti supporti e consulenze soprattutto nella risoluzione di problematiche riscontrate nei pagamenti, nell’approvvigionamento dello stupefacente e nella necessità di spostarlo in caso di controllo o perquisizioni degli indagati.

A titolo esemplificativo, nel novembre del 2023 una delle indagate è stata fermata dai Carabinieri per un semplice controllo stradale unitamente al compagno, che aveva con sé 100 grammi di cocaina. Già nelle fasi del controllo la donna è riuscita ad avvertire telefonicamente la figlia, la quale a sua volta contattava il compagno, suo fratello e anche il padre (tra l’altro ex marito della donna soggetta a controllo) al fine di provvedere allo spostamento dell’ulteriore sostanza stupefacente dalla casa della coppia fermata, in modo da vanificare la conseguente perquisizione domiciliare da parte dei Carabinieri.

Nello stesso contesto investigativo è stato inoltre svelato un complesso sistema fraudolento messo in atto mediante falsi annunci su note piattaforme immobiliari web, ove venivano carpiti dati sensibili (documenti di identità, buste paga, coordinate bancarie) di ignari cittadini.

Attraverso i predetti dati venivano fabbricati documenti di identità falsi utilizzati dagli indagati per l’acquisto su una nota piattaforma di e-commerce autovetture di lusso, mediante accensione di finanziamenti. Le autovetture in questione venivano consegnate a domicilio e ritirate dagli odierni indagati, che a stretto giro le re-intestavano fittiziamente a terze persone facenti parte del medesimo gruppo criminale, impedendone il recupero da parte delle società finanziarie che nel frattempo non vedevano pagate le rate del credito.

Le complesse indagini tecniche hanno altresì fatto emergere una chiara conoscenza da parte degli indagati dei meccanismi investigativi e la dichiarata ricerca di forme comunicative protette, attraverso il ricorso ad applicazioni di messaggistica crittografate di difficile captazione e l’utilizzo di SIM dedicate intestate a soggetti estranei al sodalizio. Apparso evidente anche il ricorso a forme di comunicazione condivise e codificate, chiaramente collaudate nel tempo, consistenti spesso non solo in termini convenzionali, ma anche e soprattutto in forme non verbali di comunicazione.

 

Marina Moretti: