Una lunga e complessa indagine condotta dal Nor dei carabinieri del Comando Provinciale di Pescara ha portato all’individuazione di un’organizzazione criminale che gestiva il traffico e lo spaccio di cocaina e crack negli ambienti della “Pescara bene”.
L’inchiesta della Procura di Pescara, partita nel gennaio del 2024 dal Sostituto Procuratore Luca Sciarretta e poi, dopo il suo trasferimento alla Corte di Cassazione, passata di mano al Sostituto Procuratore Gennaro Varone, si è conclusa lo scorso luglio e nella giornata di ieri ha visto i 17 destinatari delle richieste di misure cautelari, sfilare davanti al Gip Mariacarla Sacco. Quasi tutti, però, si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. I dettagli dell’operazione pubblicati stamani dal Quotidiano “Il Centro” raccontano di un’organizzazione ben ramificata con una struttura a piramide: al vertice tre albanesi, il capo Elidon Ngiella, detto “Tony”, e i due luogotenenti Kevi Kereci e Hergys Myrtaj. A loro il compito di far arrivare a Pescara grossi quantitativi di stupefacente, quasi sempre in pacchi da mezzo chilo, in treno o in un’auto dotata di sistemi di intercettazione ambientale che sono risultati molto utili agli inquirenti. Il mediatore un noto avvocato pescarese. In una seconda fase – come spiega il collega de “Il Centro” Maurizio Cirillo – la fornitura della droga affidata a un ex carabiniere, Antonio Tarroni e a un addetto al portierato notturno all’Ospedale Civile di Pescara, Luigi Lepore. Sono loro i principali fornitori dello stupefacente destinato a una clientela di un certo prestigio: imprenditori, liberi professionisti, ma anche noti ristoratori e medici. Le scrupolose indagini dei carabinieri hanno portato anche all’individuazione di altri personaggi con diversi precedenti penali, che fungevano da “corrieri”. Individuato anche un linguaggio criptico tra i componenti l’organizzazione con termini come “pietra”, “caffettino”, “mezzo”, “25”. Dalle intercettazioni sono emersi anche dettagli cruenti come la progettazione di una rapina a casa di un fornitore, nonostante la presenza in casa di minori. Dopo gli interrogatori preventivi di ieri ora la Gip dovrà decidere chi dovrà andare in carcere, chi ai domiciliari, e chi eviterà la misura. Complessivamente gli indagati sono 28.