Avezzano: sit-in per l’orsa Amarena nel giorno dell’inizio del processo per la sua morte. L’associazione Animalisti Italiani costituita parte civile
Si è tenuta oggi presso il Tribunale di Avezzano la prima udienza del processo a carico dell’uomo che la sera del 31 agosto 2023, nel comune di San Benedetto dei Marsi (AQ), ha ucciso con un colpo di fucile l’orsa Amarena, esemplare di orso bruno marsicano, specie protetta e ad altissimo rischio di estinzione, e vera e propria celebrità del territorio. L’orsa, diventata familiare agli abitanti della zona per la sua indole pacifica e la sua presenza nei centri abitati in cerca di cibo, non aveva mostrato alcun comportamento aggressivo. In quel momento era madre di due cuccioli, rimasti orfani dopo l’uccisione, la cui sopravvivenza è stata a lungo incerta. Alla luce della gravità del fatto e del forte valore simbolico dell’animale, LNDC Animal Protection ha sporto immediatamente denuncia e oggi ha partecipato all’udienza presentando la costituzione di parte civile nel procedimento penale contro l’autore del gesto. Il giudice scioglierà la riserva nell’udienza che si terrà il 18 luglio.
“Abbiamo ritenuto doveroso essere presenti in aula e chiedere di costituirci parte civile in questo processo,” dichiara Michele Pezone – Responsabile Diritti Animali LNDC Animal Protection. “L’uccisione dell’orsa Amarena rappresenta un atto gravissimo che va oltre la singola vicenda: è il sintomo di una cultura ancora troppo ostile verso la fauna selvatica. Con la nostra azione vogliamo ribadire che la vita di un animale libero non è sacrificabile per paura o ignoranza, e chiediamo che la legge venga applicata con rigore per restituire dignità a una creatura innocente e protetta.”
La morte di Amarena ha colpito profondamente tutta l’opinione pubblica perché ha mostrato, ancora una volta, quanto sia fragile la convivenza tra l’uomo e gli altri animali. Questo processo riguarda la vita che è stata strappata con la forza ad Amarena, ma al tempo stesso riguarda il principio stesso della tutela della fauna protetta in un Paese che troppo spesso ignora le leggi e gli obblighi morali verso l’ambiente e i suoi abitanti.
LNDC Animal Protection continuerà a seguire da vicino il procedimento, con la consueta determinazione che le consente di portare avanti tutte le sue battaglie legali e sociali a favore degli animali.
L’Associazione Animalisti Italiani si è costituita parte civile nel processoper la morte dell’orsa Amarena, uccisa da un colpo di fucile il 31 agosto 2023 a San Benedetto dei Marsi, nel piazzale di un’abitazione privata. Contestualmente alla prima udienza davanti al Tribunale di Avezzano è stato organizzato un sit-in di sensibilizzazione dal titolo “Giustizia per Amarena”. Insieme agli Animalisti Italiani partecipano anche le associazioni animaliste OIPA, WWF, Lav e Appennino Ecosistema. L’uomo accusato della morte dell’orsa Amarena è Andrea Leombruni.
Così il WWF: “Oggi il difensore dell’imputato ha presentato alcune eccezioni sul decreto di citazione e sulle costituzioni di parte civile su cui il magistrato deciderà alla prossima udienza del 18 luglio prossimo. Amarena, una delle pochissime femmine di Orso bruno marsicano in età riproduttiva, era stata uccisa a colpi di fucile nonostante non avesse mai avuto atteggiamenti aggressivi nei confronti di esseri umani. L’imputato nel processo ha già ammesso di avere ucciso l’orsa, giustificandosi con la necessità di difendersi, ma i rilievi fatti e le evidenze raccolte dagli investigatori hanno dimostrato che, quando è stata uccisa, Amarena era lontana da persone e non mostrava atteggiamenti aggressivi. Il WWF Italia si aspetta un processo rapido che consenta di arrivare a una sentenza di condanna che sia da monito per chi crede di poter uccidere impunemente un animale, peraltro protetto a livello nazionale e sovranazionale. “La nostra presenza nel processo come parte civile vuole testimoniare l’attenzione del WWF verso questa sottospecie che è anche oggetto del nostro progetto di conservazione “Orso 2×50” che punta al raddoppio della popolazione entro il 2050 anche con una serie di misure sul campo che portiamo avanti attraverso l’Oasi WWF Gole del Sagittario nel Comune di Anversa degli Abruzzi”, dichiara Filomena Ricci delegata regionale per l’Abruzzo del WWF Italia. “L’uccisione di Amarena è stato un gesto inaccettabile che mette a rischio la stessa sopravvivenza della sottospecie che conta circa 60 individui in tutto il mondo in un’areale alquanto limitato come quello del Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise e delle zone limitrofe. E va sottolineato che quanto è accaduto è anche il risultato dei continui attacchi a cui è sottoposta la fauna italiana. Invece di lavorare per rafforzare le tante attività possibili per garantire la giusta convivenza tra la fauna selvatica e le attività dell’uomo, non sono pochi coloro che, anche ricoprendo ruoli istituzionali importanti, non perdono occasione per alimentare un insopportabile clima che vede nella presenza faunistica un ostacolo da rimuovere”.
Anche in questi ultimi giorni abbiamo visto presentare prima dal Governo e poi dai tre partiti di maggioranza proposte di modifiche della legge sulla tutela della fauna che, invece di aumentare le pene per chi commette crimini contro gli animali, indeboliscono la protezione a vantaggio di bracconieri e cacciatori scorretti.
COSA RISCHIA IN ITALIA CHI UCCIDE UN ORSO
In Italia chi uccide un orso, nonostante sia una specie “particolarmente protetta”, rischia pochissimo anche per la confusione sulle pene applicabili dovuta al sovrapporsi di diverse previsioni normative.
In caso di applicazione dell’art. 544 bis cp (Uccisione di animali) la pena è la reclusione da 4 mesi a 2 anni, pena assolutamente blanda, considerato che stiamo parlando di una specie a rischio di estinzione.
Meglio, comunque, di quanto stabilisce l’art. 727-bis cp che prevede la pena dell’arresto da 1 a 6 mesi o l’ammenda fino a € 4.000 per chi uccide esemplari appartenenti ad una specie animale selvatica protetta.
Se poi si dovesse applicare l’art. 30 della Legge n. 157/1992 la pena sarebbe addirittura l’arresto da 2 a 8 mesi o l’ammenda da 774 a 2.065 euro: in questo caso, trattandosi di un reato contravvenzionale, l’alternatività tra arresto e ammenda consentirebbe l’applicazione dell’oblazione facoltativa con l’estinzione del reato previo pagamento di una somma pari alla metà del massimo dell’ammenda: con poco più di 1.030 euro (probabilmente meno di quanto è costato il fucile con cui è stato ucciso l’animale) il responsabile sarebbe libero e avrebbe anche la fedina penale pulita. Situazione non migliorata dal limitato inasprimento (arresto da 6 mesi a 2 anni e l’ammenda da 4.000 a 10.000 euro) prevista da una riforma nel 2023 proprio a tutela degli orsi bruni marsicani.
Una recente riforma, che entrerà in vigore a fine giugno, ha leggermente inasprito le pene relative all’art. 544-bis e all’art. 727-bis portando le sanzioni rispettivamente fino a 3 anni e fino a 1 anno.
In casi come quelli dell’Orsa Amarena, il WWF Italia chiede invece di ricorre all’ipotesi dell’art. 452-bis cp “Inquinamento ambientale” che punisce con la reclusione da 2 a 6 anni e con la multa da € 10.000 a 100.000 “chiunque abusivamente cagiona una compromissione o un deterioramento significativi e misurabili di un ecosistema, della biodiversità, della flora o della fauna” (che è proprio il caso di chi uccide una delle pochissime orse marsicane, mettendo a rischio il successo riproduttivo della specie).
Da anni il WWF Italia presenta proposte di legge finalizzate a razionalizzare la normativa e a inasprire le pene per chi si macchia di questi crimini contro la natura: ad oggi, però, tutte le iniziative presentate non sono state recepite dalle maggioranze parlamentari che si sono succedute.
Sono 50 le associazioni che hanno chiesto di costituirsi come parte civile nell’udienza pre-dibattimentale sull’uccisione dell’orsa Amarena. La richiesta è arrivata questa mattina davanti al giudice del Tribunale di Avezzano che si è riservato sulle eccezioni preliminari e ha aggiornato l’udienza al prossimo 18 luglio, giorno in cui deciderà sulle singole richieste e stabilire se l’imputato, il 57enne Andrea Leombruni, andrà o meno a giudizio.
Amarena, simbolo del Parco nazionale d’Abruzzo, era nota per aver dato alla luce quattro cuccioli gemelli, evento raro e straordinario nella popolazione dell’orso bruno marsicano.
La Procura dovrà dimostrare la sussistenza del dolo e la configurazione del reato contestato ad Andrea Leombruni. La difesa dell’imputato, verosimilmente, punterà su una diversa lettura dei fatti al centro del confronto processuale.
“La nostra presenza in aula rappresenta un atto dovuto per Amarena e per tutti gli animali selvatici vittime di violenza. Il sit-in vuole essere un messaggio forte alla collettività e alle istituzioni: la tutela della fauna selvatica non può essere ignorata”, dichiara Walter Caporale, Presidente dell’Associazione Animalisti Italiani.
Amarena era benvoluta da tutti: l’orsa si avvicinava ai centri abitati ma non aveva mai rappresentato un pericolo, anzi da molti era considerata la mascotte dell’Abruzzo.
La sua uccisione ha lasciato orfani i suoi cuccioli e ha generato una vasta eco su tutto il territorio nazionale. L’indagato per la morte di Amarena è chiamato a risponderne davanti alla giustizia.
Secondo l’accusa, l’imputato avrebbe esploso un colpo di fucile caricato con munizionamentoartigianale, appositamente preparato per causare il massimo danno, uccidendo volontariamente l’orsa. L’azione sarebbe stata aggravata dalla crudeltà, dall’assenza di valida giustificazione e dalla presenza dei cuccioli, oltre che dal pericolo arrecato alla pubblica incolumità per avere sparato in un luogo accessibile a terzi e vicino a centri abitati.
Presenti in aula, come parte offesa, anche il Parco Nazionale d’Abruzzo, la Regione Abruzzo e il Comune di San Benedetto dei Marsi, luogo dove si è consumato il tragico evento.
“Ci auguriamo una condanna esemplare, senza sconti né benefici, per un crimine che ha colpito non solo un animale innocente appartenente a una specie protetta, ma l’intera comunità, ferita nel profondo da un atto tanto vile quanto ingiustificabile”, conclude Walter Caporale, Presidente dell’Associazione Animalisti Italiani.