Alluvione delle Marche: inchiesta trasferita alla Procura dell’Aquila

Trasferita alla Procura dell’Aquila l’inchiesta che coinvolge 14 indagati per l’alluvione nelle Marche del settembre 2022. Alla fine degli anni 70 L’Aquila ospitò anche il processo per la tragedia del Vajont

La violenta ondata di maltempo che nel settembre del 2022 si è abbattuta sulle Marche ha provocato l’esondazione di due fiumi, 13 vittime e danni ingentissimi. Tra le persone danneggiate c’è anche un magistrato in servizio nel tribunale di Ancona, sede naturale dell’inchiesta, diventata per questo incompatibile e trasferita appunto alla Procura aquilana.

Anche un’altra grande tragedia italiana trovò casa nelle stanze aquilane della Giustizia: il crollo della diga del Vajont, avvenuto il 9 ottobre del 1963 e di cui poco meno di un mese fa è stato commemorato il sessantesimo anniversario. Il processo, avviato a Belluno per competenza territoriale, alla fine degli anni ’70 venne infatti trasferito a L’Aquila per “legittima suspicione” (si temeva una mancanza di imparzialità da parte dei giudici competenti per territorio, anche se la motivazione ufficiale addotta fu “motivi di ordine pubblico”. In verità tra l’Abruzzo e il Vajont c’era un sottile ma tenacissimo legame: alla costruzione dell’invaso artificiale avevano contribuito anche i cosiddetti acrobati delle dighe, operai in grado di lavorare appesi alla roccia ad altezze vertiginose. Molti di loro arrivavano proprio dall’Abruzzo, la stessa terra che aveva già regalato tante vite umane alle miniere di Marcinelle. La diga del Vajont l’avevano fatta loro ed era ben fatta, non si può dire lo stesso invece degli studi sulla stabilità del Monte Toc, la montagna scivolata sulla diga senza preavviso quel maledetto giorno del 1963. Oggi le carte di quel processo, che rischiarono persino di andare distrutte durante il sisma del 2009, sono custodite dall’Archivio di stato dell’Aquila, dove sono approdate all’intervento dei Vigili del fuoco che le hanno salvate dalle macerie. Recentemente questa documentazione è stata anche iscritta nel Registro internazionale del Programma Unesco “Memoria del mondo”. La candidatura è stata avanzata più di dieci anni fa dall’associazione Tina Merlin, dalla Fondazione Vajont, con la collaborazione degli Archivi di Stato di Belluno e dell’Aquila.

Tornando all’oggi, la Procura dell’Aquila ha inviato l’invito a comparire per l’interrogatorio sull’alluvione dell’anno scorso nelle Marche a sei sindaci di altrettanti Comuni della vallata dei fiumi Nevola e Misa, a due funzionari dei Vigili del Fuoco di Ancona e a sei tra funzionari, operatori e responsabili della Protezione Civile.

Gli indagati sono accusati di cooperazione in omicidio colposo plurimo, in particolare le contestazioni ipotizzano condotte colpose, commissive e omissive, che per “negligenza, imprudenza, imperizia e violazione di norme” avrebbero causato la morte di 13 persone, tra le quali anche minore di 8 anni.

La Procura aquilana starebbe anche lavorando a un secondo filone di indagine relativo alla manutenzione dei fiumi, il reato ipotizzato è disastro colposo.

Riccardo Pasqualini, sindaco di Barbara – uno dei centri del Senigalliese più colpiti dall’alluvione nelle Marche, con quattro vittime tra i residenti tra cui il piccolo Mattia Luconi di 8 anni – è tra i 14 indagati dalla Procura di L’Aquila per l’accusa di cooperazione in omicidio colposo plurimo. Dopo aver appreso dell’avviso di garanzia e del trasferimento dell’inchiesta da Ancona a L’Aquila ha dichiarato all’Ansa:

“Mancate comunicazioni? Cosa comunicavamo quando già era successo tutto? Non ci sta. Leggeremo bene l’atto e poi sentiremo quello che avranno da dirci”.

Il riferimento è alle contestazioni sul presunto mancato aggiornamento del flusso di informazioni al Prefetto, al presidente della Giunta regionale, alla Protezione civile e ai cittadini:

“Successe tutto all’improvviso – ricorda Pasqualini – alle 8.15 il fiume Nevola era normale, tra le 8.15 e le 8.30 aveva portato via tutto, chi avvisavo? Ancora
i doni dell’ubiquità, perché dovevamo essere in tutti i luoghi per monitorare, e della veggenza, i sindaci non li hanno. Eravamo noi sprovvisti di comunicazioni. L’allerta meteo non c’era il giorno prima”.

È stata rilasciata all’Ansa anche la dichiarazione di Stefano Stefoni, responsabile regionale della Protezione Civile Marche, tra i 14 destinatari dell’invito a comparire della Procura di L’Aquila per l’accusa di cooperazione in omicidio colposo plurimo in relazione ai 13 morti del 15 settembre 2022 nell’alluvione che devastò il Senigalliese e il Pesarese:

“Sono tranquillo, un avviso di garanzia significa solo che la procura indaga sull’operato della persona a cui viene notificato. Non cambia niente rispetto a prima, siamo stati anche sentiti dalle forze dell’ordine. Purtroppo leggo le notizie dalla stampa, si informa prima la stampa e poi noi. Sono un po’ arrabbiato, non è una cosa giusta”.