Covid Abruzzo: rifiutano tampone alla figlia di 18 mesi, parla il pediatra

Covid Abruzzo. Dopo l’episodio di una pediatra della Asl di Teramo, insultata dai genitori di una bimba di 18 mesi alla quale era stato consigliato il tampone, parla il professor Chiarelli: “Non c’è bisogno di polemiche, serve la responsabilità di ognuno per tornare a una vita normale”.

Il professor Francesco Chiarelli, direttore della clinica pediatrica dell’ospedale Santissima Annunziata di Chieti non lascia spazio a dubbi: l’unico mezzo per chiarire se le persone con sintomi influenzali siano o meno positive al Covid è il tampone.

Il riferimento è a quanto accaduto a una pediatra della Asl di Teramo, insultata dai genitori di una bimba di 18 mesi, per la quale la dottoressa aveva richiesto un tampone, essendosi la piccola ammalata al nido e avendo sviluppato una sintomatologia con raffreddore e febbre. Il caso ha inevitabilmente riaperto il dibattito sul negazionismo da Covid e sul terrorismo sanitario di cui proprio i no Mask si fanno portabandiere, con ideologie e tesi che il professor Chiarelli ha smontato nell’intervista rilasciata questa mattina al nostro microfono.

“Penso che la responsabilità individuale sia fondamentale”, ha dichiarato il professor Francesco Chiarelli, direttore della clinica pediatrica dell’ospedale Santissima Annunziata di Chieti. “Se noi facciamo i tamponi e soprattutto se abbiamo la possibilità di fare un numero elevato di tamponi rapidi anche ai bambini, potremmo tornare a una vita quasi normale come in passato.
Mi riferisco soprattutto alla scuola. I bambini devono andare a scuola, ma per poterlo fare c’è bisogno della collaborazione di tutti, non di polemiche. Tutti i cittadini devono sapere che ciascuno di noi ha una responsabilità individuale nel comportarsi adeguatamente: mi riferisco al distanziamento, alle mascherine, a lavarsi le mani, ma anche a rendersi disponibili per fare i tamponi, anche ai bambini, per poter consentire in questo autunno e nell’inverno che verrà di poter tornare a una vita un po’ più simile alla normalità del passato.
Il tampone è l’unico mezzo che noi abbiamo per capire se un bambino o un adulto con febbre, tosse o sintomi che possano essere suggestivi del Covid 19 è positivo o meno a questo virus.
È importante sapere che inizialmente non si può differenziare un’infezione da coronavirus da un’infezione da un altro virus, quindi il tampone è fondamentale, perché ci permette di dirimere e chiarire se quel bambino o quella persona ha il Covid 19 oppure un altro virus che provoca gli stessi sintomi.
Ed è importante sapere che il tampone può essere fatto a tutti, anche ai bambini.
Per tornare all’episodio di cronaca di cui è stata protagonista la collega della Asl di Teramo, se c’è un contrasto anche interpersonale tra dottore e paziente, la situzione diventa difficile anche per il medico, perché in teoria si dovrebbe denunciare la persona che si rifiuta di fare il tampone, in quanto potrebbe essere potenzialmente dannosa per la collettività. Per esempio se un bambino è positivo può trasmettere il virus anche agli altri bambini a scuola. Ripeto: l’unico modo per poter limitare i rischi del contagio è quello di fare i tamponi e se uno si rifiuta certamente se ne assume la responsabilità.
Da pediatra vorrei anche fare un cenno alle persone che non vaccinano i propri figli. Io ho visto bambini morire di meningite, di pertosse e di morbillo; bambini contrarre la poliomelite. I vaccini in qualche modo sono vittime di loro stessi e del fatto che hanno consentito la scomparsa di alcune malattie importanti che oggi non circolano più. Uno non le vede e quindi non ha paura. Io però inviterei tutti a riflettere, perché non vaccinare un bambino è una forma in qualche modo di maltrattamento nei confronti del minore, che non può decidere. Quindi un genitore che non vaccina il proprio bambino si prende una bella responsabilità, se poi questo si ammala di una malattia grave.”

Il Servizio del Tg8:

https://www.youtube.com/watch?v=8H5MbHr6h3Q