Vistamare Pescara, 23 artisti si interrogano sull’arte

Un artista che ne invita 23 per interrogarsi sul senso dell’opera d’arte: ancora una proposta originale dalla galleria Vistamare di Pescara.

La mostra, intitolata Who knows one – letteralmente chi sa che cos’è il numero uno – è curata da Haim Steinbach e resterà allestita nello spazio di Benedetta Spalletti fino a febbraio del 2020. Le opere in esposizione sono firmate da Darren Bader, Joseph Kosuth, Agnieszka Kurant, Ettore Spalletti, Kenji Fujita, Liam Gillick, Rachel Harrison, Alfredo Jaar, Zerek Kempf, Peter Kogler, Joseph Miltos Manetas, Helen Marten, Moshe Ninio, Susan Philipsz, Magali Reus, Mika Rottenberg, Nancy Shaver, Eran Schaerf, Gwen Smith, Steel Stillman, Slavs and Tatars, Noncommittal, Joe Winter.

I ventitré artisti, diversi per provenienza e percorso, sollecitano loro stessi e i fruitori a riflettere sul significato stesso dell’opera d’arte.
Il quesito iniziale deriva da una filastrocca per bambini tratto da un testo ebraico dell’Haggadah (circa 1500 a.c.), un compendio di omelie rabbiniche e di racconti che incorporano folclore, aneddoti storici e consigli pratici e dubbi riferibili non solo al mondo dell’arte, ma al pensiero filosofico e religioso che spinge l’individuo a interrogarsi sul senso stesso dell’esistenza.

“Ciascun artista ha risposto utilizzando strumenti a lui congeniali; il percorso espositivo si snoda attraverso una serie di lavori, di natura differente e spesso enigmatici, in cui la parola ha un ruolo prominente. La domanda Who knows one è tratta dall’omonima poesia allegorica del testo ebraico dell’Haggadah, che viene letto attorno al tavolo della cena in occasione della Pasqua ebraica. Il contenuto della poesia è storico e insieme etico nel suo riferimento all’Esodo e ai Dieci Comandamenti ed evidenzia le complessità e le contraddizioni della ricerca volta a scoprire: che cosa ci faccio qui? chi sono? dove sto andando? Nel 1948 Barnett Newman dipinse il quadro Onement I e, secondo il Museum of Modern Art, era ‘la prima volta in cui l’artista usava una striscia verticale per definire la struttura spaziale del suo lavoro’. Che cosa significa ‘primo’, come si fa a catturare un istante nel tempo? Così come per Newman, anche l’ultima poesia di Samuel Beckett, What is the Word, indica un tentativo essenziale di catturare un’idea. Un’opera finita è tanto una definizione quanto una domanda. L’allegoria di Who knows one solleva anche l’interrogativo su dove sia Dio. E al tempo stesso afferma che Dio è uno. Suscita una domanda sull’essere. In questo caso la domanda posta dal titolo agli artisti invitati a partecipare a questa mostra è stata capovolta, come se fosse rimbalzata agli artisti. Mette in questione la premessa dell’appello, come per dire: Tu che cosa sai?Io che cosa so? E in ogni caso: A che serve tutto questo?“.

 

Haim Steinbach (Rehovot, Israel, 1944) ha partecipato nel 1997 alla Biennale di Venezia all’interno della mostra internazionale curata da Germano Celant. I suoi lavori sono nella collezione permanente di molti musei internazionali: il Museum of Modern Art, New York; Museum of Contemporary Art, Los Angeles; Centre Georges Pompidou, Parigi; Menil Collection, Houston; Städel Museum, Francoforte; Tate Modern, Londra; Guggenheim Museum, New York; Stedelijk Museum, Amsterdam; Israel Museum, Gerusalemme; Museum Moderner Kunst di Vienna e il Museum of Contemporary Art di Chicago.

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