Alta Valle dell’Aterno, sisma 18 gennaio: un anno dopo

Oggi c’è il sole sull’Aquila, una luce intensa che trasmette voglia di vivere un anno dopo il terremoto che ha messo in ginocchio paesi e borghi dell’Alta Valle dell’Aterno.

Sono passati dodici mesi e ancora pochissimo è stato fatto sul fronte della ricostruzione da quando, il 18 gennaio del 2017 la combinazione maledetta maltempo-sisma gettò nel panico e nello sconforto intere popolazioni. La città si ritrovò nel panico, dopo la prima scossa del mattino che arrivò, come uno scherzo del destino, proprio durante una delle più intense nevicate che la storia dell’Aquila e della sua provincia ricordi.

Macchine in strada, genitori terrorizzati, rincorsa a fare il pieno di benzina. Ma le conseguenze più dure di quelle scosse combinate al maltempo furono per Campotosto, Pizzoli, Barete, Cagnano Amiterno, Capitignano, Montereale, intere famiglie isolate in casa per la neve, completamente ghiacciato il lago di Campotosto, centinaia gli animali dispersi in montagna o rimasti isolati e bloccati nelle stalle irraggiungibili.

Il sindaco di Campotosto Luigi Cannavicci ancora oggi non si stanca di ripetere che il vero terremoto c’è stato un anno fa e non nel 2009. Quattro le scosse del 18 gennaio, tutte molto intense, in un arco temporale di quattro ore: la prima alle 10,25 di magnitudo 5.1 con epicentro a Montereale; la seconda di magnitudo 5.5 alle 11,14 con epicentro a Capitignano; la terza alle 11,25 di 5.4 con epicentro a Pizzoli; la quarta di magnitudo 5.0 alle 14,33 con epicentro a Cagnano Amiterno. Scosse che coinvolsero anche tutti i Comuni già colpiti dai precedenti eventi sismici del 2016 e che arrivarono nel pieno dell’ondata di freddo con nevicate abbondantissime, Cumuli di neve al di sopra dei tre metri a Campotosto, che impedirono per settimane di comprendere la vera entità dei danni provocati dalle scosse.

Difficile per i soccorsi raggiungere Campotosto: qui la neve in più momenti bloccò le colonne mobili dei soccorsi, impossibilitati a procedere sulla statale e sulla provinciale, ridotte a uno stretto budello di strada percorribile, Nella frazione campotostana di Ortolano, oggi ancora del tutto evacuata, Ercole De Dominicis, pensionato di 73 anni, rimase travolto e ucciso da una valanga mentre usciva da casa terrorizzato dal terremoto. Poi arrivarono le parole sconcertanti dei dirigenti dell’Ingv, che paventarono conseguenze per la diga di Rio Fucino, associata a quella del Vajont, parole che suscitarono la reazione sconcertata dei cittadini e degli amministratori locali.

Oggi ancora si lotta per un lento e difficile ritorno alla normalità, mentre si fanno i conti con lo spopolamento e il turismo drasticamente compromesso. Ad Amatrice, simbolo del terremoto del 24 agosto, crollò il campanile della chiesa di Sant’Agostino, che aveva resistito fino a quel momento.

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